La proposta del governo svedese divide politica, app e società civile
La Svezia si trova oggi al centro di un acceso dibattito internazionale dopo la presentazione di una proposta legislativa che mira a obbligare le app di messaggistica a memorizzare e rendere accessibili i messaggi privati degli utenti alle forze dell’ordine. Il progetto è stato lanciato dal ministro della Giustizia Gunnar Strömmer, con l’obiettivo dichiarato di combattere la criminalità organizzata e il terrorismo.
Secondo quanto riferito dai media svedesi, tra cui Sveriges Radio, la nuova normativa permetterebbe alle autorità di accedere alle comunicazioni crittografate, costringendo applicazioni come WhatsApp, Signal e Telegram a violare la crittografia end-to-end per fornire informazioni alle autorità giudiziarie.
Le app minacciano l’addio: “Lasceremo il mercato svedese”
La reazione delle piattaforme coinvolte è stata immediata e durissima. In particolare, la presidente di Signal, Meredith Whittaker, ha dichiarato apertamente che l’azienda è pronta a ritirarsi completamente dal mercato svedese, piuttosto che conformarsi a una legge che considera incompatibile con i principi della privacy e della sicurezza digitale. Anche WhatsApp, di proprietà di Meta, ha fatto sapere di non poter operare in Svezia se la legge entrasse in vigore nelle forme attuali.
La motivazione, secondo le app, è semplice: creare una versione dell’app in grado di intercettare messaggi privati per un singolo Paese metterebbe a rischio la sicurezza globale di tutti gli utenti, aprendo potenzialmente la porta ad abusi da parte di governi autoritari o gruppi criminali.
236 esperti e organizzazioni lanciano un appello al Parlamento
A rafforzare la posizione delle piattaforme sono arrivate le voci di ben 236 organizzazioni ed esperti internazionali di cybersicurezza che hanno sottoscritto una lettera aperta al Parlamento svedese, chiedendo di respingerla con fermezza. Tra i firmatari figura Fredrik Lindeberg, uno degli esperti di sicurezza informatica più noti in Svezia, che ha sottolineato come la proposta non sia tecnicamente sicura e possa essere manipolata da attori ostili, come le intelligence straniere.
Lindeberg ha inoltre evidenziato che una tale funzione comprometterebbe l’integrità e la riservatezza dei cittadini, creando un precedente pericoloso a livello internazionale. Secondo lui, le forze dell’ordine dovrebbero concentrarsi sui dispositivi specifici degli indagati, e non forzare un accesso indiscriminato ai sistemi di comunicazione.
Anche le forze armate svedesi esprimono dubbi
Sorprendentemente, anche alcuni settori dell’esercito svedese si sono detti scettici nei confronti del progetto di legge. Nonostante il supporto dell’Säpo (i servizi di sicurezza della polizia svedese), i militari temono che tale misura possa esporre i canali di comunicazione sensibili anche agli attacchi esterni, compromettendo la sicurezza nazionale.
Questo contrasto all’interno dello stesso apparato statale dimostra quanto sia delicato l’equilibrio tra protezione della sicurezza collettiva e tutela dei diritti individuali. Le prossime settimane saranno cruciali per capire se il Parlamento svedese sceglierà di seguire l’indirizzo del governo o di ascoltare il forte grido d’allarme della comunità tecnologica e civile globale.