Dove un tempo si lottava per la libertà, oggi si combatte per il diritto a respirare
In Louisiana, tra i fumi delle raffinerie e l’ombra di un passato dimenticato, si sta scrivendo una nuova pagina di resistenza nera. Nel cuore della ‘Cancer Alley’, una delle zone più inquinate degli Stati Uniti, la piantagione Woodland diventa il simbolo di una rinascita culturale e civile, guidata dalle sorelle Joy e Jo Banner. Le due attiviste hanno trasformato l’eredità della più grande rivolta di schiavi americani in una battaglia contemporanea per la giustizia ambientale, la memoria storica e la dignità delle comunità afroamericane.
Una storia dimenticata, un coraggio mai sopito
Correva il 1811 quando Charles Deslondes e centinaia di ribelli marciarono lungo il Mississippi verso New Orleans, sognando una repubblica nera libera. L’insurrezione fu brutalmente soppressa e sepolta sotto il silenzio della storia ufficiale. Ma oggi, oltre duecento anni dopo, quella scintilla si riaccende tra le mura di Woodland, dove il pubblico si riunisce per ricordare, per capire, per resistere.
“Sapevano che non avevano speranze di vittoria. Ma hanno lottato lo stesso,” ha detto Joy Banner. Una frase che oggi trova eco tra gli attivisti che si oppongono alle multinazionali petrolchimiche che hanno trasformato questa regione in un’area ad altissimo rischio sanitario.
‘Cancer Alley’: dove l’ingiustizia si respira
La Cancer Alley è un tratto di circa 186 miglia tra Baton Rouge e New Orleans, costellato da oltre 370 impianti industriali. Le comunità nere che vivono in queste zone sono esposte a livelli di inquinamento tra i più alti del Paese. Il rischio di sviluppare tumori legati a sostanze chimiche è nel 99° percentile: significa che quasi nessun altro luogo negli Stati Uniti è peggiore.
Durante una rievocazione storica della rivolta del 1811, l’artista Dread Scott ha descritto l’esperienza di dormire vicino a uno di questi impianti: “Bruciava la gola, gli occhi. Vedere i parchi giochi davanti alle raffinerie era agghiacciante.”
Cultura e comunità contro l’industria estrattiva
Le sorelle Banner, con il loro Descendants Project, puntano a un’economia alternativa, fondata su memoria, educazione e resilienza culturale. La loro visione è radicale nella sua semplicità: trasformare i luoghi della sofferenza in spazi di crescita e conoscenza, investendo su piccole imprese locali, turismo culturale e progetti educativi.
Scavi archeologici, storie orali, visite guidate e laboratori scolastici sono diventati parte integrante della vita a Woodland. “Questa era la mia storia. Avrei voluto conoscerla prima,” ha dichiarato Stephanie Aubert, oggi impegnata nel recupero delle memorie perdute.
Le città libere: un’eredità minacciata
Nonostante la povertà cronica della Louisiana, i miliardi di dollari investiti dalle industrie pesanti non hanno migliorato la vita dei residenti. Anzi, hanno messo a rischio l’identità delle ‘free towns’, le comunità fondate da ex schiavi emancipati dopo la Guerra Civile. Una di queste è Wallace, creata da Nathaniel Wallace, soldato nero dell’Unione, e oggi minacciata da nuovi progetti industriali.
Il tentativo della Greenfield LLC di costruire oltre 50 silos per il grano alti quasi quanto la Statua della Libertà avrebbe compromesso la luce del mattino e probabilmente distrutto tombe non segnalate di persone schiavizzate. La resistenza guidata da Joy Banner ha ottenuto una prima vittoria: il progetto è stato cancellato nell’agosto 2024. Poco dopo, il Dipartimento degli Interni ha incluso Wallace tra i siti del patrimonio nazionale.
Una battaglia che continua, anche senza tutele
Il destino di Wallace, però, resta in bilico. Greenfield possiede ancora i terreni, e nel febbraio 2025 l’amministrazione Trump ha revocato lo status monumentale dell’area, su richiesta del Dipartimento per la Qualità Ambientale della Louisiana. Una decisione che riapre la porta al rischio di nuove speculazioni industriali.
“Questa volta non ho paura,” ha detto Jo Banner. “Siamo in una città libera. È stata costruita per resistere anche quando il governo non ti protegge. E noi siamo pronti.”