Un salto nella storia chimica del pianeta rosso
Il rover Curiosity ha appena riscritto un capitolo fondamentale nella ricerca della vita oltre la Terra. Grazie a un’analisi sofisticata dei campioni raccolti nel cratere Gale su Marte, il team scientifico ha individuato le molecole organiche più complesse mai rinvenute sul pianeta. Una scoperta che alimenta speranze e domande sulla possibilità di vita passata sul pianeta rosso.
I campioni marziani che raccontano miliardi di anni
Curiosity ha perforato una roccia antichissima, chiamata Cumberland, situata nella regione di Yellowknife Bay. Si tratta di un’area geologicamente interessante, che mostra segni di sedimenti lacustri, simili a quelli che si formano sul fondo di un lago terrestre. Questo ambiente, potenzialmente abitabile in un lontano passato, è il terreno ideale per cercare indizi di vita antica.
Utilizzando lo strumento SAM (Sample Analysis at Mars), gli scienziati hanno eseguito un doppio processo di riscaldamento per liberare e analizzare le molecole presenti nella roccia. Il risultato? La rilevazione di alcani come decano (C₁₀H₂₂) e dodecano (C₁₂H₂₆), catene di idrocarburi che, sulla Terra, sono spesso associati a processi biologici.
Molecole complesse e potenziali biofirme
La rilevanza di questa scoperta risiede nel fatto che questi composti, formati da catene lunghe di carbonio, potrebbero essere frammenti di acidi grassi, elementi chiave delle membrane cellulari. Gli acidi grassi sono molecole con una struttura distintiva: una lunga coda di carbonio e idrogeno, terminata da un gruppo carbossilico e uno metilico. Sulla Terra, sono presenti in grassi e oli, fondamentali per la vita.
Se anche su Marte si fossero formati in modo simile, la loro presenza potrebbe rappresentare una biofirma chimica: una traccia molecolare che la vita, anche microbica, potrebbe aver lasciato dietro di sé. Tuttavia, è importante sottolineare che esistono anche processi abiotici, cioè non biologici, in grado di generare queste molecole.
Vita su Marte? La prudenza è d’obbligo
Nonostante l’entusiasmo, gli scienziati restano cauti. Le molecole organiche possono formarsi anche in assenza di vita, attraverso reazioni chimiche in ambienti ricchi di energia come quelli vulcanici. Tuttavia, la preservazione di queste molecole in condizioni marziane — particolarmente ostili — è già di per sé sorprendente e apre a nuove possibilità.
Il prossimo passo sarà fondamentale: portare i campioni marziani sulla Terra, dove strumenti più sofisticati potranno analizzarli in dettaglio. Questo è l’obiettivo della missione Mars Sample Return, una collaborazione tra NASA e Agenzia Spaziale Europea (ESA). Tuttavia, la missione è attualmente sotto revisione a causa di problemi di budget e criticità logistiche.
Perseverance e l’indizio delle “macchie di leopardo”
Parallelamente, il rover Perseverance ha fornito nuove intriganti osservazioni. Su un’altra roccia, i ricercatori hanno osservato delle caratteristiche microscopiche chiamate “macchie di leopardo” e “semi di papavero”, che potrebbero — o meno — essere state formate da antichi microbi marziani. Al momento si tratta di ipotesi presentate a conferenze scientifiche, in attesa di validazione tramite revisione paritaria.
La complessità nascosta nelle rocce
L’analisi dei campioni di Cumberland, già esplorati nel 2015, ha mostrato un’evoluzione significativa. Le prime rilevazioni identificavano solo molecole piccole e semplici contenenti cloro e zolfo. Ora, invece, si è passati a strutture organiche con fino a 12 atomi di carbonio, raddoppiando la complessità molecolare individuata finora su Marte.
Tutto questo alimenta l’ipotesi che possano esserci molecole ancora più complesse, ma al momento non rilevabili dallo strumento SAM. Solo riportando i campioni sulla Terra sarà possibile cercare con precisione le tracce di amminoacidi, lipidi complessi o altre possibili biofirme chimiche.