Un viaggio sotto il ghiaccio: il misterioso mondo dell’iceberg A-68a
Quando l’enorme iceberg A-68a si è staccato dalla piattaforma di ghiaccio Larsen C nel 2017, ha catturato l’attenzione del mondo intero. Con i suoi 5.800 km² di superficie, equivalenti a metà della Sardegna, questo colosso di ghiaccio è diventato uno dei più grandi iceberg mai osservati. Ma solo ora, grazie all’impiego di robot planatori subacquei, gli scienziati hanno potuto esplorare il suo impatto nascosto sull’oceano antartico e sui processi climatici globali.
I robot planatori e la missione nell’oscurità
Nel febbraio 2021, in una missione considerata pionieristica, due planatori robotici, Doombar-405 e HSB-439, sono stati inviati in remoto nel cuore del Mar di Weddell per monitorare l’iceberg prima che si frammentasse definitivamente. La sfida era immensa: gli iceberg si muovono in modo imprevedibile, e il monitoraggio avveniva a distanza di oltre 12.000 km, con i ricercatori costretti a operare da casa a causa del lockdown da COVID-19.
Durante i 17 giorni di missione, uno dei robot si è perso e l’altro è rimasto bloccato sotto il ghiaccio, ma è riuscito a riemergere con una raccolta preziosa di dati oceanografici mai ottenuti prima.
Cosa accade quando un iceberg gigante si scioglie
I dati rivelano che l’iceberg si scioglieva dal basso, alterando profondamente la struttura dell’acqua marina. Il suo passaggio ha disturbato il cosiddetto strato di “Winter Water”, una massa d’acqua fredda intrappolata sotto quella estiva, che di solito rimane stabile durante l’estate antartica. La fusione del ghiaccio ha creato un fenomeno simile a un enorme cucchiaio che mescola gli strati dell’oceano, permettendo la risalita di nutrienti profondi come ferro e silicio.
Questi nutrienti, rilasciati anche direttamente dall’iceberg, hanno stimolato la crescita del fitoplancton, base della catena alimentare marina. Un’esplosione di vita che si riflette a cascata su krill, pesci, balene e pinguini, influenzando l’intero ecosistema dell’Oceano Meridionale.
Un impatto che va oltre l’Antartide
Lo studio dimostra come gli iceberg non siano solo masse passive di ghiaccio alla deriva, ma veri e propri agenti di cambiamento climatico. Oltre a influenzare la biodiversità marina, questi colossi alterano anche il trasferimento di calore e carbonio tra oceano e atmosfera, contribuendo a modellare i cicli climatici globali.
Con l’intensificarsi del riscaldamento globale, la frequenza degli iceberg giganti è destinata ad aumentare. Capire le dinamiche fisiche e biologiche legate al loro scioglimento diventa quindi fondamentale per prevedere gli impatti futuri sul clima terrestre.
Una scoperta che cambia le regole del gioco
Questa esplorazione rappresenta un passo avanti epocale nella ricerca oceanografica. È la prima volta che strumenti autonomi riescono a ottenere dati così ravvicinati da un iceberg in movimento. I risultati, pubblicati su una delle più importanti riviste scientifiche, confermano l’urgenza di approfondire questi processi ancora poco conosciuti.
Come ha spiegato una delle ricercatrici del team, “Stiamo finalmente capendo cosa succede quando questi iceberg giganti si sciolgono lontano dalla costa, rimescolando l’oceano antartico come un cocktail imprevedibile di elementi vitali e clima in evoluzione.”