Per la prima volta, è stata quantificata con precisione la perdita di ghiaccio in Groenlandia dovuta alla sublimazione, grazie a uno studio condotto da Kevin Rozmiarek dell’Università della California a Boulder, pubblicato su Journal of Geophysical Research Atmospheres.
Attraverso una complessa campagna di campionamento realizzata con droni ad alta quota, il team ha raccolto dati fondamentali sul passaggio diretto dell’acqua dallo stato solido a quello gassoso. L’indagine si è svolta nell’entroterra dell’isola, dove sono stati effettuati 104 voli per misurare il vapore acqueo presente sopra la superficie ghiacciata.
Il progetto rappresenta un enorme passo avanti per la ricerca climatologica: fino ad ora, infatti, le stime della quantità d’acqua persa dallo scioglimento dei ghiacci – che in Groenlandia raggiungono uno spessore medio di 1.500 metri su un’area sei volte più estesa dell’Italia – erano basate unicamente su modelli teorici complessi e simulazioni numeriche.
Oggi, grazie a questi nuovi rilevamenti, sarà possibile affinare con maggiore accuratezza i modelli che descrivono l’evoluzione della calotta glaciale groenlandese, una delle principali preoccupazioni globali legate all’innalzamento del livello dei mari.
Le misurazioni non si sono limitate alla sola quantità di vapore acqueo: gli scienziati hanno analizzato anche la composizione isotopica delle molecole d’acqua, individuando le varianti atomiche che agiscono come vere e proprie impronte digitali delle molecole, fondamentali per risalire con precisione alla loro origine fisica.
L’interesse crescente per questa regione non riguarda solo le dinamiche ambientali: la Groenlandia, infatti, è al centro di nuovi interessi geostrategici, anche per la presenza di risorse minerarie nel suo sottosuolo, che potrebbero diventare sempre più accessibili man mano che il ghiaccio si ritira.