Esenzioni ambientali per oltre 60 centrali: un ritorno al passato
Negli Stati Uniti, più di 60 centrali elettriche sono state ufficialmente esentate dai limiti federali sulle emissioni di mercurio e altre sostanze tossiche, grazie a un provvedimento dell’amministrazione Trump. Questa mossa, inserita all’interno di una strategia più ampia per rilanciare l’industria del carbone, ha sollevato dure critiche da parte di ambientalisti, associazioni legali e cittadini preoccupati per la salute pubblica e la qualità dell’aria.
L’origine dell’esenzione e la reazione dell’EPA
Il provvedimento, incluso in un ordine esecutivo della settimana scorsa, ha concesso due anni di proroga per adeguarsi ai requisiti della normativa MATS (Mercury and Air Toxics Standards), aggiornata nel 2024 dall’amministrazione Biden. La Environmental Protection Agency (EPA) ha reso noto un elenco di 47 proprietari e più di 60 centrali coinvolte, distribuite in 23 stati, tra cui spiccano alcune tra le centrali più inquinanti del Paese.
Impianti coinvolti: da Alabama al Missouri
L’elenco comprende centrali come la James H. Miller in Alabama e la Labadie in Missouri, entrambe tra le più attive in termini di emissioni. A queste si aggiungono impianti storici come la Shawnee in Kentucky, attiva dal 1953, e impianti più recenti come la Dry Fork Station in Wyoming, avviata nel 2011. La Southern Co. e Ameren Corp. sono tra le compagnie più rappresentate.
Le centrali esentate rappresentano circa 63 gigawatt su 172 gigawatt totali di capacità a carbone, ovvero un terzo della produzione nazionale a carbone secondo i dati dell’U.S. Energy Information Administration.
Le critiche delle organizzazioni ambientali
La reazione delle organizzazioni ambientali è stata immediata e severa. Il Centro di Diritto e Politica Ambientale ha definito l’esenzione una “scappatoia illegale”, mentre il Southern Environmental Law Center ha denunciato l’aumento del rischio per la salute nelle contee di Bartow e Monroe, in Georgia, dove si trovano le centrali Bowen e Scherer.
Mobile Baykeeper, associazione attiva in Alabama, ha definito il provvedimento “un attacco flagrante alla salute pubblica”. Il timore condiviso è che l’esenzione comporti maggiore esposizione a sostanze neurotossiche, come il mercurio, già associato a gravi danni cerebrali nei bambini.
Il contrasto tra le due amministrazioni
La normativa MATS era stata originariamente emanata nel 2011 sotto l’amministrazione Obama e resa operativa nel 2015. Il suo obiettivo principale era la riduzione delle emissioni neurotossiche, stimando fino a 11.000 morti premature evitate. L’amministrazione Biden, nell’aprile 2024, ha aggiornato la normativa, prevedendo una riduzione del 67% per i metalli tossici e del 70% per gli impianti a lignite.
Tuttavia, con l’avvento della nuova amministrazione e la nomina di Lee Zeldin alla guida dell’EPA, il clima normativo è cambiato. Secondo Zeldin, la normativa precedente avrebbe creato “significativa incertezza regolatoria” e costi pari a 790 milioni di dollari in dieci anni per le aziende elettriche. La normativa è ora al centro di una causa legale in sospeso, contestata da 23 stati.
Interessi economici e impatto sanitario
I proprietari delle centrali, come Ameren e Southern Co., hanno accolto favorevolmente l’esenzione, sottolineando l’importanza di mantenere operative le centrali fino alla fine della loro vita utile. Tuttavia, secondo Energy Innovation, i risparmi economici per queste aziende sarebbero modesti rispetto agli impatti sanitari sostenuti dalla collettività a causa dell’aumento dell’inquinamento.
La direttrice della campagna Beyond Coal del Sierra Club, Laurie Williams, ha denunciato il paradosso di sostenere centrali inquinanti quando sono disponibili fonti energetiche più pulite ed economiche. “Stiamo parlando di danneggiare il cervello dei bambini,” ha affermato con forza.
Fonti autorevoli: Inside Climate News, U.S. Energy Information Administration, Southern Environmental Law Center, EPA.gov, Sierra Club.