Acheron Fossae, la regione marziana dove la geologia racconta miliardi di anni
Da oltre vent’anni, Mars Express, la sonda europea in orbita attorno a Marte, continua a sorprendere gli scienziati con le sue immagini ad alta risoluzione. L’ultima acquisizione visiva, risalente al 28 ottobre 2024 durante la 26.287ª orbita, offre uno sguardo affascinante su Acheron Fossae, una vasta area nel nord-ovest del pianeta rosso che mostra due paesaggi completamente differenti e rappresenta in modo vivido la dicotomia geologica marziana.
Due paesaggi, due epoche
La nuova immagine ritrae una contrapposizione netta tra un terreno antico, accidentato e ricco di crateri e una superficie più giovane, levigata e modellata da attività vulcanica. Questa divisione rappresenta non solo un contrasto estetico, ma un vero e proprio registro geologico visivo che testimonia la lunga e complessa evoluzione del pianeta.
Nella parte superiore dell’immagine, il paesaggio è dominato da strutture tettoniche profonde e irregolari. Si tratta delle cosiddette strutture a horst e graben: crepe parallele nella crosta che hanno causato lo sprofondamento di blocchi di terreno, formando vallate lineari (graben) affiancate da pilastri rialzati (horst). Queste formazioni risalgono a quasi quattro miliardi di anni fa, epoca in cui Marte era soggetto a intense deformazioni tettoniche.
L’influenza dei giganti vulcanici
A pochi centinaia di chilometri dalla regione di Acheron Fossae si trovano due delle strutture vulcaniche più imponenti dell’intero Sistema Solare: Olympus Mons e Alba Mons (conosciuto anche come Alba Patera). Anche se non visibili nell’immagine, la loro presenza ha avuto un ruolo fondamentale nel plasmare la morfologia della zona.
Secondo gli esperti, proprio l’attività di questi vulcani ha generato tensioni nella crosta marziana, contribuendo alla formazione delle fratture visibili oggi. L’effetto combinato di spinta magmatica, subsidenza e tettonica ha scolpito il paesaggio, lasciando segni indelebili sulla superficie.
Pianure vulcaniche e memorie d’acqua
Nella parte inferiore dell’immagine, il paesaggio cambia radicalmente. Si osservano pianure lisce che si estendono oltre il campo visivo, frutto dell’accumulo di lava e sedimenti vulcanici provenienti probabilmente da Alba Mons. In quest’area, la superficie è più giovane, e le tracce dell’attività erosiva dell’acqua sono ancora visibili.
Canali, cumuli irregolari, mesas e resti di crateri raccontano una storia di trasformazione: qui l’acqua ha lasciato il segno scavando e depositando materiali, modellando un paesaggio più morbido ma altrettanto ricco di dettagli geologici. Alcuni scienziati ipotizzano che questa zona fosse un tempo coperta da mari interni o laghi, che successivamente si sono prosciugati lasciando dietro di sé una stratificazione visibile anche dallo spazio.
I coni vulcanici e l’evoluzione continua della crosta
Un dettaglio affascinante nella parte alta dell’immagine è la presenza di tre coni vulcanici, alti diversi chilometri, la cui origine sembra essere strettamente legata a processi magmatici. La loro intersezione con le faglie graben suggerisce che la crosta abbia continuato a deformarsi anche dopo la loro formazione, indicando una dinamicità prolungata nel tempo.
Questa interazione tra elementi di natura vulcanica e tettonica fornisce indizi preziosi sulla cronologia degli eventi geologici della regione. Non si tratta solo di formazioni statiche, ma di componenti di un ecosistema geologico in costante mutazione.
Uno sguardo in prospettiva
L’immagine prospettica della regione, anch’essa ottenuta dalla High Resolution Stereo Camera, esalta ancora di più la tridimensionalità del paesaggio, rivelando la profondità delle fratture e il passaggio graduale dalle aree più tormentate a quelle più regolari. È uno scatto che non solo documenta, ma trasmette l’emozione della scoperta di un mondo che, pur distante milioni di chilometri, appare sempre più familiare nella sua varietà e nella sua storia.