Schöningen e la sorprendente intelligenza dei primi cacciatori
La scoperta di lance di legno perfettamente conservate nel sito archeologico di Schöningen, nella Bassa Sassonia, ha completamente rivoluzionato l’interpretazione delle capacità cognitive degli ominidi vissuti oltre 300.000 anni fa. Secondo il Journal of Human Evolution, i risultati dello studio guidato da John J. Hutson dimostrano che già allora esistevano strategie di caccia comunitaria pianificata, coinvolgendo decine di individui in un’azione coordinata, estremamente simile a quelle praticate dai cacciatori-raccoglitori recenti.
Le ambiziose imboscate ai cavalli selvatici erano pianificate sfruttando la conoscenza dettagliata dell’ambiente e il comportamento degli animali. I gruppi selezionavano famiglie equine, seguendole e guidandole strategicamente verso zone fangose sulle rive di un lago, dove altri cacciatori attendevano armati di lance.
Evidenze materiali: strumenti in legno e pietra di straordinaria fattura
Il ritrovamento di dieci lance in legno, assieme a bastoni a doppia punta, utensili di pietra tagliente e manufatti ossei usati per fratturare le ossa e accedere al midollo, dimostra una padronanza tecnica e una capacità di progettazione estremamente sviluppata per l’epoca. Questi strumenti sono risultati efficaci nella macellazione selettiva dei cavalli, principalmente adulti in età matura, preferiti per l’elevato contenuto di grassi e organi nutrienti.
Significativa è anche l’assenza di resti bruciati, che lascia aperta la questione sulla capacità di controllare il fuoco da parte di questi antichi cacciatori. Tuttavia, l’attenzione alla dieta suggerisce una conoscenza nutrizionale sorprendente, con un consumo mirato di fegato ricco di vitamina C e un’esclusione strategica della carne troppo magra.
Tracce di un’intelligenza collettiva precoce
Il profilo demografico dei cavalli uccisi — 54 in totale, con una netta assenza di individui adolescenti tra i 3 e i 5 anni — è coerente con la predazione sistematica di gruppi familiari, in cui il comportamento prevedibile degli animali veniva sfruttato a vantaggio della squadra. Questo tipo di caccia presuppone capacità di pianificazione, divisione dei ruoli e una comunicazione efficace, che secondo i ricercatori potrebbero essere legati all’uso primitivo del linguaggio.
Studi genetici ed etologici suggeriscono che tali forme di comportamento non siano esclusive dell’Homo sapiens, ma comuni anche a Homo heidelbergensis o ai primi Neanderthal, rinforzando l’ipotesi di una continuità culturale e simbolica molto più antica di quanto si pensasse.
Confronti con altri siti eurasiatici: Atapuerca e Gesher Benot Ya’aqov
Anche le Montagne di Atapuerca, nella Spagna settentrionale, offrono un esempio parallelo: 400.000 anni fa, gruppi di cacciatori spingevano bisonti verso dirupi o all’interno di grotte, come a Gran Dolina, dove le carcasse venivano poi macellate in massa. La stratigrafia fossile ha permesso di ricostruire eventi di caccia ripetuti e ben coordinati, coinvolgendo fino a 100 individui.
Nel sito di Gesher Benot Ya’aqov, nell’attuale Israele, circa 780.000 anni fa, ominidi già praticavano caccia strategica a daini e altri animali gregari, selezionando principalmente individui adulti. Anche in questo caso, i resti mostrano segni di lavorazione organizzata e non casuale.
Le implicazioni culturali e cognitive della caccia di gruppo
Secondo Manuel Rodríguez-Hidalgo, paleontologo coinvolto nello studio delle pratiche di caccia preistoriche, la caccia comunitaria richiede un’intelligenza sociale avanzata, ben oltre quella dimostrata dagli animali predatori. La possibilità che questi gruppi usassero una forma primitiva di linguaggio simbolico è rafforzata dal rinvenimento di strutture in stalagmiti e pitture rupestri neandertaliane, come quelle di Bruniquel e La Pasiega, datate fino a 176.000 anni fa.
La caccia collettiva, quindi, potrebbe aver rappresentato uno dei motori principali dell’evoluzione del pensiero astratto e dell’organizzazione sociale, molto prima che il “comportamento umano moderno” venisse riconosciuto ufficialmente nei reperti archeologici africani risalenti a 50.000 anni fa.
Lezioni dal passato e parallelismi con società indigene recenti
Anche le società indigene moderne, documentate dagli etnografi tra il XVII e il XX secolo in Nord America, Africa, Sud America, Australia e Oceania, mostrano che la caccia comunitaria rappresentava una strategia altamente efficace in ambienti aperti. Queste tattiche includevano l’uso di recinti di pietra, fuochi, cavalli o veicoli per incanalare gli animali in trappole naturali o artificiali.
Uno studio di Antoine Morin ha catalogato 139 testimonianze scritte di cacce comunitarie, confermando che la caccia solitaria era molto meno redditizia e raramente praticata su larga scala prima della diffusione delle armi da fuoco.
Verso una nuova visione della preistoria
Le evidenze raccolte a Schöningen e in altri siti paleolitici eurasiatici sfidano l’idea che l’intelligenza simbolica e la cooperazione complesse siano esclusive dell’Homo sapiens. Al contrario, queste scoperte suggeriscono una lunga preistoria di innovazione, comunicazione e cultura condivisa, estesa nel tempo ben oltre quanto tradizionalmente immaginato dall’archeologia evolutiva.