Un capolavoro preistorico nella Moravia meridionale
Nel cuore della Repubblica Ceca, nella regione della Moravia Meridionale, fu rinvenuto negli anni Venti del Novecento un minuscolo manufatto che ancora oggi affascina archeologi, antropologi e storici dell’arte: la Testa Ritratto di Dolní Věstonice. Si tratta di un frammento scolpito su avorio di mammut, alto soltanto 5 centimetri e largo 2, risalente a circa 26.000 anni fa, durante il tardo Paleolitico. Questo reperto straordinario è considerato il più antico ritratto personale mai scoperto.
I tratti umani scolpiti nella zanna di mammut
Nonostante le dimensioni estremamente ridotte, il volto incide in profondità per realismo emotivo e significato culturale. La scultura ritrae un volto ovale, con naso leggermente all’insù, labbra piene, e occhi marcati da un’asimmetria che ha attratto l’attenzione degli studiosi. L’occhio destro presenta una forma ben definita, con una palpebra scolpita e una pupilla, mentre l’occhio sinistro, più grande e cadente, sembra chiuso o danneggiato. Questo dettaglio, secondo Jill Cook, curatrice al British Museum, potrebbe indicare una condizione congenita, un trauma o persino i segni di una paralisi.
Un ritratto di empatia o di esclusione?
Secondo Cook, la scelta consapevole di rappresentare un individuo con un’anomalia fisica potrebbe testimoniare la presenza di empatia nella società paleolitica. Potrebbe trattarsi di una persona assistita e accudita dal gruppo, un riflesso di solidarietà e cura collettiva, sentimenti che normalmente si associano a società molto più recenti. Tuttavia, esiste anche un’interpretazione alternativa: il ritratto potrebbe alludere a una figura emarginata, stigmatizzata per la propria diversità. In entrambe le ipotesi, la presenza di tale individuo nella produzione artistica dell’epoca indica la centralità della figura umana, e la volontà di rappresentare la realtà nella sua complessità, al di là di ideali di perfezione.
La dura realtà del Paleolitico
La figura fu rinvenuta nei pressi di una sepoltura contenente ossa femminili, forse coeva al manufatto stesso, ma non fu ritrovata con le moderne tecniche stratigrafiche. Di conseguenza, informazioni preziose sulla collocazione e sul contesto potrebbero essere andate irrimediabilmente perdute. Tuttavia, sappiamo che chi visse in quell’epoca doveva affrontare condizioni estreme: mortalità infantile elevata, aspettativa di vita media tra i 30 e i 40 anni, assenza di cure mediche. Un mondo duro, dove la sopravvivenza richiedeva coesione, forza e resilienza.
L’eredità di un volto scolpito nella storia
Oggi, quel piccolo volto antico continua a parlare a noi abitanti del XXI secolo, raccontando storie di sofferenza, umanità e memoria. Non sappiamo con certezza chi fosse la persona rappresentata, né cosa volesse comunicarci l’artista. Ma il fatto stesso che sia stato scolpito un volto specifico, con tratti individuali, è la prova che anche 26.000 anni fa, l’identità personale e la relazione tra gli individui erano elementi centrali della cultura umana.
Fonti autorevoli che hanno discusso questa scoperta includono BBC Culture, National Geographic, il British Museum e articoli scientifici pubblicati su riviste come Nature e Antiquity.