L’ultima danza di una stella: Ngc 1514 vista da Webb
Il James Webb Space Telescope, con il suo occhio nel medio infrarosso MIRI, ha regalato una visione straordinaria della nebulosa planetaria Ngc 1514, situata nella costellazione del Toro, a circa 1500 anni luce dalla Terra. Questo corpo celeste, osservato per la prima volta nel 1790 da William Herschel, rivela oggi con dettagli senza precedenti la drammatica fine di una stella simile al nostro Sole.
Due stelle, un solo respiro cosmico
Al centro della scena pulsa una nana bianca, il residuo collassato di una stella che ha terminato la propria evoluzione. Non è sola: una stella compagna le orbita attorno ogni nove anni, e insieme hanno scolpito le complesse strutture ad anello che dominano l’immagine. Queste formazioni sono composte da polveri finissime, riscaldate dalla luce incandescente della nana bianca, che brillano nel medio infrarosso come un respiro cosmico immortalato nel tempo.
Un’esplosione di gas, luce e forme scolpite dal tempo
I gas espulsi dalla stella morente formano intricati strati che si disperdono nello spazio circostante. La zona centrale rosata dell’immagine è generata dall’emissione degli atomi di ossigeno, ed è tutt’altro che uniforme: cavità e fori indicano le dinamiche violente di un gas in espansione rapida. Gli scienziati ritengono che l’interazione gravitazionale tra le due stelle abbia modellato queste architetture, conferendo loro la tipica forma ad anello visibile oggi.
Galassie in secondo piano e stelle di passaggio
Come spesso accade nelle fotografie del telescopio Webb, si intravedono elementi di sfondo: galassie lontanissime, percepibili come punti colorati disseminati tra le nubi di polvere. Alcune stelle, più vicine a noi, appaiono invece in primo piano, estranee alla scena ma perfettamente visibili grazie alla potenza del sensore MIRI.
Morte e rinascita nell’universo
Quello che osserviamo non è solo la fine di una stella, ma anche l’inizio di qualcosa di nuovo. Il materiale disperso nel mezzo interstellare fungerà da materia prima per nuove stelle e pianeti. Come spiegano numerosi articoli pubblicati da fonti autorevoli come Nature Astronomy, Scientific American e l’ESA, il ciclo della morte stellare è fondamentale per la rigenerazione dell’universo. Nulla va perduto: ogni particella di gas o polvere continuerà a vivere in nuove forme, in una continua trasformazione cosmica.