Il ciclo del carbonio rivelato dalle rocce del cratere Gale
Il rover Curiosity della NASA, in missione sul Monte Sharp all’interno del cratere Gale, ha identificato tracce significative di carbonio racchiuso in minerali che testimoniano l’esistenza di un antico ciclo del carbonio su Marte. Per la prima volta, grazie a quattro perforazioni in un tratto di 89 metri, sono stati rilevati minerali carbonatici – in particolare la siderite – che svelano una pagina nascosta della storia climatica del pianeta rosso.
Una transizione geologica carica di indizi
L’analisi si è concentrata su una zona di transizione geologica dove le argille fangose lasciano spazio a minerali solfatici, indicativi di un ambiente in rapido processo di essiccazione. Proprio qui, la siderite – un minerale che racchiude carbonio e ossigeno – è stata rinvenuta in concentrazioni tra il 5% e il 10% in peso nei campioni analizzati.
Secondo il geochimico Benjamin Tutolo dell’Università di Calgary, questa scoperta è il primo indizio concreto di un antico ciclo del carbonio marziano che potrebbe spiegare la perdita del clima abitabile del pianeta. La formazione della siderite sarebbe avvenuta in condizioni di interazione tra acqua e roccia, unite a un’intensa evaporazione.
Un ciclo del carbonio lento e inefficiente
I campioni presentano anche tracce di ossi-idrossidi di ferro, formatisi dalla dissoluzione della siderite in ambienti acidi. Questo suggerisce che una parte del carbonio sia ritornata nell’atmosfera, ma il processo su Marte sarebbe stato molto meno efficiente rispetto a quanto avviene sulla Terra, dove il ciclo del carbonio mantiene un equilibrio duraturo da miliardi di anni. Su Marte, al contrario, le rocce avrebbero intrappolato più CO₂ di quanta ne abbiano mai restituita.
“La CO₂ è scesa, ma non è risalita”, afferma Tutolo, sottolineando come questa dinamica abbia probabilmente trasformato un pianeta caldo e umido in un deserto arido e gelido.
La chiave per il mistero dell’atmosfera perduta
Per decenni, le ricerche sui carbonati marziani avevano restituito risultati deludenti, lasciando aperto il mistero su dove fosse finita tutta l’anidride carbonica che un tempo costituiva l’atmosfera del pianeta. L’abbondanza di siderite rilevata da Curiosity cambia radicalmente lo scenario: se simili concentrazioni esistessero anche in altri depositi solfatici marziani, gli scienziati sarebbero sempre più vicini a risolvere l’enigma del clima perduto.
La planetologa Janice Bishop del SETI Institute conferma l’importanza della scoperta, sottolineando come la presenza della siderite offra una “spiegazione plausibile per la scomparsa dei carbonati” e per l’esistenza di un’atmosfera densa in passato, capace di sostenere acqua liquida in superficie.
Prospettive future: tra analisi orbitali e ritorno dei campioni
Per rafforzare queste conclusioni, gli studiosi intendono approfondire i dati orbitari alla ricerca di connessioni tra carbonati e altre formazioni rocciose. Tuttavia, secondo gli esperti, la vera svolta arriverà solo quando sarà possibile riportare campioni marziani sulla Terra per analisi più approfondite.
La scoperta di Curiosity apre dunque una nuova finestra sulla storia geologica e climatica di Marte, portando la scienza un passo più vicino a comprendere perché il pianeta rosso è diventato inabitabile.