Uno spettacolo cosmico che Albert Einstein riteneva irrealizzabile è stato finalmente osservato con una nitidezza straordinaria, grazie alla potenza del James Webb Space Telescope (JWST). Nel 1936, lo stesso Einstein dichiarò che non ci sarebbe stata “speranza di osservare direttamente” un simile fenomeno: l’Anello di Einstein, un effetto perfettamente simmetrico generato dalla lente gravitazionale.
Tutto ebbe inizio nel 1919, durante una totale eclissi di Sole, quando gli scienziati notarono per la prima volta la deviazione della luce stellare causata dalla massa del nostro Sole, confermando così una delle più iconiche previsioni della relatività generale. L’effetto si manifesta quando un oggetto molto massiccio, come una galassia ellittica, distorce la luce di un corpo celeste più lontano che si trova perfettamente allineato lungo la stessa linea di vista.
Questa distorsione non solo deforma le immagini delle galassie retrostanti, ma le ingrandisce anche, rendendo visibili oggetti talmente lontani che, senza questa “lente”, rimarrebbero irraggiungibili anche ai telescopi più avanzati. È proprio grazie a questo fenomeno che oggi possiamo osservare alcune delle stelle più lontane dell’Universo.
L’immagine più recente, catturata dal JWST, mostra in primo piano una galassia ellittica appartenente all’ammasso galattico SMACS J0028.2-7537, situato a miliardi di anni luce di distanza. Dietro di essa, una galassia a spirale — simile alla Via Lattea — è posizionata con una precisione straordinaria, producendo un anello di luce quasi perfetto.
Questa straordinaria visione è il risultato di un allineamento cosmico raro e perfetto, reso ancora più suggestivo dal nostro punto di osservazione privilegiato. In altri angoli dell’Universo, questo stesso allineamento non produrrebbe la stessa immagine: un esempio affascinante di come la bellezza astronomica dipenda anche da dove si guarda, oltre che da cosa si guarda.
Il telescopio JWST continua così a regalarci visioni senza precedenti, dimostrando quanto l’Universo possa superare persino i limiti immaginativi dei suoi più grandi teorici.