Le stagioni polliniche si allungano e si intensificano
Secondo la dottoressa Neelima Tummala della NYU Langone Health, le allergie stagionali non solo iniziano prima e finiscono più tardi, ma sono anche molto più intense rispetto al passato. In un’intervista rilasciata al magazine Living on Earth, la specialista ha sottolineato come il riscaldamento globale stia trasformando radicalmente il comportamento dei pollini negli Stati Uniti e, di riflesso, in molte altre regioni temperate del pianeta.
Negli ultimi cinquant’anni, la durata media della stagione delle allergie da polline negli Stati Uniti è aumentata di circa tre settimane, a causa dell’aumento delle temperature e del cambiamento nei modelli di precipitazione. Questo avviene perché il terreno si scongela prima in primavera e rimane libero dal gelo più a lungo in autunno, permettendo una fioritura anticipata e prolungata di alberi e piante.
Più anidride carbonica, più polline nell’aria
L’incremento di CO₂ nell’atmosfera, diretta conseguenza dell’uso di combustibili fossili, stimola la produzione di polline da parte delle piante. Questo ha portato a un aumento medio del 20% della quantità di polline presente nell’aria negli ultimi decenni. Il fenomeno non solo prolunga la stagione, ma aggrava i sintomi allergici anche per chi in passato era affetto da forme lievi.
L’impatto sanitario delle allergie più gravi e durature
La qualità della vita delle persone allergiche è sempre più compromessa: naso chiuso, starnuti continui, occhi irritati, difficoltà nel dormire e concentrazione ridotta sono alcuni dei disagi quotidiani che milioni di persone devono affrontare per più mesi all’anno. Per alcuni soggetti, le allergie possono anche scatenare crisi d’asma, trasformandosi in problemi respiratori gravi.
Con l’aumento della severità dei sintomi, anche l’uso di farmaci antiallergici è in crescita, con impatti economici rilevanti per molte famiglie. Le cure devono essere iniziate prima e proseguite più a lungo, spesso in dosi maggiori.
I cambiamenti climatici e l’allerta muffa
Oltre ai pollini, il cambiamento climatico influisce anche su altri allergeni ambientali. Gli eventi meteorologici estremi — come inondazioni e uragani, sempre più frequenti e intensi — favoriscono la proliferazione della muffa, un altro potente allergene. L’esposizione alla muffa rappresenta un rischio crescente per la salute respiratoria, soprattutto per chi vive in abitazioni danneggiate dall’acqua.
L’ambiente malato rende malati anche noi
La dottoressa Tummala invita a considerare la salute pubblica come parte integrante della questione climatica. Finché l’ambiente non sarà sano, non potremo aspettarci di vivere in buona salute. Per questo è fondamentale ridurre le emissioni, abbandonare i combustibili fossili, migliorare la qualità dell’aria e garantire acqua potabile sicura per tutti.
L’azione climatica, secondo l’esperta, non è solo una questione ambientale, ma una priorità sanitaria urgente. Solo affrontando alla radice l’emergenza climatica potremo sperare di contenere anche l’ondata di disturbi allergici che ogni anno coinvolge un numero sempre più ampio di persone.