Un deserto pieno di vita milioni di anni fa
L’attuale Deserto Arabico, dominato da dune sabbiose e calore torrido, potrebbe essere stato in passato un ambiente verdeggiante, ricco di praterie e fiumi temporanei. Secondo una recente pubblicazione su Nature del 9 Aprile, il paesaggio arido che oggi caratterizza la Penisola Arabica ha attraversato numerose fasi umide nel corso degli ultimi 8 milioni di anni, offrendo condizioni favorevoli alla migrazione di animali e ominidi.
Speleotemi come archivio del passato
Le prove di questo antico clima verde emergono dalle profondità delle grotte del Plateau di As Sulb, dove ricercatori hanno analizzato speleotemi – formazioni come stalagmiti e stalattiti – originati da acqua piovana filtrata attraverso strati di vegetazione e suolo. Grazie alla datazione all’uranio, è stato possibile attribuire a questi depositi minerali un’età fino a 8 milioni di anni, rendendoli una delle fonti climatiche più antiche per l’intera area.
Il ruolo dei monsoni e dei cicli orbitali
Secondo Hubert Vonhof, paleoclimatologo dell’Istituto Max Planck per la Chimica di Magonza, le variazioni climatiche erano influenzate da mutamenti ciclici dell’orbita terrestre, che determinavano l’intensità della luce solare ricevuta dal pianeta. Queste modifiche, unite a un Nord Atlantico più caldo, avrebbero potenziato i monsoni provenienti da sud, inondando l’Arabia con precipitazioni intense che trasformarono il deserto in laghi, fiumi e pascoli lussureggianti.
Una via verde tra i continenti
Secondo Michael Petraglia, archeologo della Griffith University di Brisbane, questo paesaggio fertile potrebbe aver fornito rotte migratorie naturali che collegavano l’Africa con l’Asia, contraddicendo la precedente visione dell’Arabia come barriera inospitale. I fossili ritrovati nella Formazione Baynunah negli Emirati Arabi Uniti, datati circa 7 milioni di anni fa, includono ippopotami, giraffe, elefanti e primati, a testimonianza di un habitat accogliente per la fauna africana.
Collegamenti con le prime migrazioni umane
L’antropologa Miriam Belmaker dell’Università di Tulsa osserva che due dei periodi umidi scoperti coincidono con le prime presenze di ominidi fuori dall’Africa: circa 2 milioni di anni fa in Georgia e Romania, e circa 1 milione di anni più tardi in Israele, Europa e Cina. Tuttavia, l’Arabia verde non sarebbe stata l’unico passaggio disponibile, ma uno dei diversi percorsi di dispersione utilizzabili dai nostri antenati.
Un nuovo tassello nel mosaico climatico
Per la paleoclimatologa Madelaine Böhme dell’Università di Tübingen, lo studio rappresenta una svolta nella ricostruzione del clima arabico preistorico. Nonostante non abbia partecipato alla ricerca, sottolinea l’importanza di ampliare le indagini per comprendere appieno l’aspetto del paesaggio e il suo possibile ruolo come corridoio biologico e culturale tra i continenti.