Le nane bianche, nonostante siano ciò che rimane di stelle ormai spente, potrebbero ospitare mondi abitabili. Questa è la sorprendente ipotesi formulata da Caldon Whyte, astrofisico del Florida Institute of Technology, affascinato dai misteri che circondano questi resti stellari. Fino ad oggi, la maggior parte delle teorie scientifiche ha escluso la possibilità che pianeti orbitanti intorno a stelle morte potessero mantenere condizioni favorevoli alla vita. Il motivo principale è legato alla progressiva diminuzione della temperatura delle nane bianche, che rende le loro zone abitabili instabili e difficili da mantenere nel tempo.
Tuttavia, con le osservazioni sempre più approfondite del James Webb Space Telescope (JWST), Whyte e il suo gruppo di ricerca hanno elaborato un nuovo modello teorico. L’obiettivo era valutare se due processi essenziali per la vita potessero verificarsi attorno a una nana bianca sufficientemente temperata da mantenere acqua liquida in superficie su eventuali pianeti rocciosi. La fascia orbitale che risponde a questi criteri è chiamata zona di Goldilocks, un’area né troppo calda né troppo fredda, dove le condizioni potrebbero ricordare quelle della Terra.
Le zone di Goldilocks attorno alle nane bianche
Solitamente, identificare una zona abitabile è relativamente semplice nei sistemi stellari dominati da stelle di sequenza principale, come il nostro Sole, che offrono una produzione energetica stabile per miliardi di anni. Con le nane bianche, il discorso cambia radicalmente. Queste stelle, infatti, rappresentano il nucleo collassato di una stella come il Sole, ormai priva di combustibile nucleare, che lentamente si spegne, raffreddandosi progressivamente nel corso del tempo.
A causa di questo processo di raffreddamento continuo, le zone abitabili attorno a queste stelle morte si restringono costantemente. La distanza dalla nana bianca che consentirebbe all’acqua di rimanere liquida si riduce col passare dei millenni, rendendo difficile immaginare un ambiente stabile dove la vita possa prosperare.
Un pianeta abitabile per sette miliardi di anni
Nonostante queste difficoltà, il team di Whyte ha voluto capire se un pianeta terrestre che orbita nella zona di Goldilocks di una nana bianca potrebbe sostenere la vita per un arco temporale significativo. Il modello ha analizzato un periodo di sette miliardi di anni, considerato il massimo lasso di tempo in cui una nana bianca può mantenere condizioni compatibili con la presenza di acqua liquida.
Lo studio si è concentrato su due meccanismi fondamentali. Il primo è la fotosintesi, che permette alle piante di convertire la luce, l’acqua e l’anidride carbonica in zuccheri, processo indispensabile per la vita sulla Terra. Il secondo processo è l’abiogenesi innescata dai raggi ultravioletti (UV), un’ipotesi secondo cui la radiazione UV potrebbe aver favorito l’origine della vita sul nostro pianeta.
Attraverso una simulazione di un pianeta simile alla Terra in orbita attorno a una nana bianca, i ricercatori hanno misurato quanta energia il pianeta avrebbe ricevuto man mano che la stella si raffreddava e la zona abitabile si restringeva. Con sorpresa, hanno scoperto che, per tutto l’arco dei sette miliardi di anni, il pianeta riceveva energia sufficiente per sostenere entrambi i processi vitali.
Il ruolo del James Webb Space Telescope nella ricerca di vita extraterrestre
Secondo Whyte, questi risultati sono particolarmente significativi. A differenza delle nane rosse o delle nane brune, che non emettono abbastanza energia nella gamma UV o luminosa necessaria alla fotosintesi, le nane bianche sembrano avere una finestra di opportunità sorprendentemente favorevole alla vita. Questo cambia completamente la prospettiva degli scienziati su quali sistemi osservare durante la ricerca di segni di vita aliena.
Il James Webb Space Telescope, grazie alle sue capacità di rilevamento avanzate, potrebbe ora concentrare la sua attenzione anche sui sistemi di nane bianche. Per Whyte, si tratta di un passo importante: “Stiamo dando loro la fiducia che questi sistemi stellari valgono l’investimento di tempo e denaro”. Le scoperte del team sono state pubblicate a dicembre 2024 sulla rivista The Astrophysical Journal Letters, aprendo nuove possibilità nell’esplorazione del cosmo alla ricerca di forme di vita extraterrestri.