Nel vasto mondo della matematica pura, ci sono problemi che resistono per decenni, se non per secoli. Alcuni di essi, apparentemente semplici sulla carta, si rivelano straordinariamente complessi da dimostrare. È il caso della congettura di Kakeya, un enigma formulato nel 1917 che ha affascinato generazioni di matematici e che ora, grazie al lavoro di Joshua Zahl e Hong Wang, sembra finalmente avere una soluzione definitiva.
Il loro studio, pubblicato su arXiv e ancora in attesa di revisione paritaria, è stato già accolto con entusiasmo dalla comunità scientifica. Eyal Lubetzky, presidente del dipartimento di matematica del Courant Institute, ha definito la scoperta “una delle principali conquiste matematiche del XXI secolo”, mentre il matematico Nets Katz l’ha paragonata a un risultato “una volta in un secolo”.
Un enigma nato da un ago
Come molte grandi domande matematiche, anche la congettura di Kakeya nasce da un problema apparentemente banale. Il matematico giapponese Sōichi Kakeya, nel 1917, si pose una semplice domanda:
Qual è la minima quantità di spazio necessaria per ruotare un ago infinitamente sottile lungo un’unità di lunghezza in tutte le direzioni possibili?
Se in una dimensione la risposta è immediata – l’ago non può muoversi – nelle due dimensioni la questione si complica notevolmente. L’approccio più intuitivo è quello di far ruotare l’ago in un cerchio, ma questo richiede un’area relativamente ampia. Kakeya propose un’alternativa più efficiente: una figura triangolare detta deltoide, che riduce lo spazio richiesto.
Ma nel 1919, il matematico russo Abram Besicovitch dimostrò qualcosa di ancora più sorprendente: è possibile ruotare l’ago in un’area con misura zero. Questa scoperta segnò la nascita degli insiemi di Kakeya, strutture geometriche con proprietà così insolite da sembrare quasi “patologiche”.
La svolta degli anni ’70: una questione di dimensioni
Sebbene Besicovitch avesse dimostrato che gli insiemi di Kakeya potessero avere misura nulla, negli anni ’70 il problema fu riformulato in termini di dimensione frattale. Il matematico Roy Davies suggerì che, invece di misurare l’area occupata, si dovesse considerare la dimensione di Hausdorff di questi insiemi.
L’idea chiave è che non tutti gli insiemi di misura zero sono uguali. Alcuni possono essere estremamente complessi e presentare strutture intricate che occupano lo spazio in modi sorprendenti. Questo portò alla formulazione moderna della congettura di Kakeya, secondo cui la dimensione di un insieme di Kakeya dovrebbe coincidere con la dimensione dello spazio in cui si trova.
Progressi e ostacoli: dalle intuizioni di Tao alla svolta di Zahl e Wang
A partire dagli anni ’90, matematici di fama mondiale, tra cui Terence Tao, hanno cercato di dimostrare la congettura attraverso strumenti dell’analisi armonica e della teoria dei frattali. Nel 1995, Thomas Wolff stabilì che ogni insieme di Kakeya in tre dimensioni aveva almeno una dimensione di Hausdorff di 1,5, ma il traguardo finale sembrava ancora lontano.
Un passo avanti significativo fu compiuto nel 1999 da Tao, Nets Katz e Izabella Łaba, che portarono il valore minimo a 2,500000001. Anche se l’incremento poteva sembrare minimo, rappresentava un segnale chiaro: il confine si stava spostando verso il valore atteso.
La vera svolta, tuttavia, è arrivata nel 2022, quando Zahl e Wang hanno dimostrato un principio chiave: un insieme di Kakeya appiccicoso in tre dimensioni deve avere dimensione 3. Questo risultato ha eliminato una delle principali incertezze della congettura.
Negli anni successivi, i due matematici hanno perfezionato la loro tecnica, affrontando i casi più complessi e dimostrando che qualsiasi possibile controesempio violerebbe proprietà strutturali fondamentali. Dopo centinaia di pagine di dimostrazioni, sono giunti alla conclusione definitiva: la congettura di Kakeya è vera.
Una scoperta che cambierà la matematica
La comunità scientifica ha accolto il risultato con grande entusiasmo. Guido De Philippis, professore al Courant Institute, ha definito il lavoro “un meraviglioso pezzo di matematica” che apre nuove strade in settori come l’analisi armonica, la teoria dei numeri e persino l’informatica e la crittografia.
Anche se il loro articolo è ancora in attesa di revisione paritaria, Zahl e Wang si dicono fiduciosi sulla correttezza della dimostrazione. “Abbiamo fatto controllare il nostro lavoro a numerosi esperti prima di renderlo pubblico”, ha dichiarato Zahl.
Se confermata, questa scoperta non solo risolverebbe un problema rimasto aperto per più di un secolo, ma getterebbe nuova luce su molte altre domande fondamentali della matematica moderna.