Gli strumenti in pietra, considerati da sempre la prima invenzione tecnologica dei nostri antichi predecessori, potrebbero in realtà non essere frutto di un’intuizione del tutto autonoma. Secondo una nuova ipotesi, gli antichi esseri umani potrebbero aver tratto ispirazione da processi naturali già presenti nell’ambiente circostante.
In luoghi come i campi dell’Oman, si trovano ancora oggi delle particolari palle di selce che, per effetto di fratture naturali dovute a fenomeni geologici o climatici, si rompono in schegge taglienti. Proprio osservando questi oggetti naturali, i nostri antenati potrebbero aver intuito la possibilità di riprodurre manualmente lo stesso effetto, senza che fosse necessario un salto concettuale improvviso o un atto creativo particolarmente elaborato.
Secondo Metin Eren, ricercatore della Kent State University in Ohio, questa nuova interpretazione “capovolge completamente la narrazione tradizionale sull’origine delle tecnologie litiche”. L’idea dominante fino ad oggi sosteneva che l’essere umano avesse immaginato dal nulla un utensile affilato e poi avesse compreso il modo per realizzarlo. Invece, questo nuovo scenario suggerisce che l’ispirazione primaria sia stata fornita direttamente dalla natura, che mostrava già esempi di rocce taglienti pronte all’uso.
Questa ipotesi apre nuove prospettive sul modo in cui si è sviluppata la cultura materiale preistorica e sull’evoluzione cognitiva dei primi Homo sapiens e dei loro predecessori. Se la tecnologia degli utensili in pietra fosse stata in qualche modo copiata da modelli naturali, questo implicherebbe che l’osservazione dell’ambiente e la replicazione di fenomeni naturali abbiano giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo delle prime tecnologie umane.
Le rocce scheggiate naturalmente, trovate in diversi siti in Africa, in Medio Oriente e nell’Asia meridionale, avrebbero dunque rappresentato un modello già esistente, facilitando l’apprendimento e la trasmissione delle tecniche di scheggiatura tra le prime comunità umane.