Un nuovo strumento basato sull’intelligenza artificiale potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui identifichiamo precocemente l’Alzheimer, rivelando segnali premonitori della malattia nel linguaggio parlato. Un gruppo di ricercatori della Boston University ha sviluppato un algoritmo in grado di analizzare le registrazioni vocali di pazienti con lieve deterioramento cognitivo, prevedendo chi di loro svilupperà la malattia di Alzheimer entro sei anni, con un’accuratezza del 78,5%.
Il linguaggio come specchio del cervello: la voce diventa un indicatore clinico
Lo studio, pubblicato nel corso del 2024 sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, si basa su un’idea tanto semplice quanto potente: i cambiamenti cognitivi si riflettono nel modo in cui parliamo. I ricercatori hanno analizzato trascrizioni di audio provenienti da 166 soggetti, tutti affetti da MCI (lieve deterioramento cognitivo) e con un’età compresa tra 63 e 97 anni.
Poiché gli scienziati sapevano già quali partecipanti avevano poi sviluppato l’Alzheimer, hanno potuto “insegnare” all’algoritmo a riconoscere i segnali linguistici precoci tipici della malattia. Una volta addestrato, il sistema era in grado di prevedere la probabilità di evoluzione da MCI a Alzheimer anche su nuove trascrizioni vocali, mai analizzate prima.
Dati semplici, potere predittivo potente
Il modello predittivo non si è basato solo sulle parole. Età e genere auto-riferito sono stati aggiunti per affinare ulteriormente il punteggio di rischio finale. Questo indice predittivo consente di stimare se una persona manterrà stabile la sua condizione cognitiva o andrà incontro a un declino neurodegenerativo.
Secondo quanto dichiarato da Ioannis Paschalidis, esperto in informatica presso la Boston University, “Il punteggio è come una finestra sul futuro cognitivo di una persona. Sapere oggi cosa potrebbe accadere tra sei anni ci consente di intervenire per tempo, con farmaci o strategie di contenimento”.
Uno strumento a basso costo, utilizzabile da casa
Uno degli aspetti più rivoluzionari di questa ricerca è la possibilità di rendere questo test disponibile ovunque. Non servono esami invasivi, né macchinari costosi: è sufficiente una registrazione vocale, anche di qualità non elevata, per ottenere un’analisi predittiva. Si immagina persino un’app per smartphone che potrebbe eseguire l’analisi in autonomia, rendendo lo screening accessibile a tutti.
Questo approccio apre nuovi scenari per la ricerca clinica, permettendo di identificare in anticipo i soggetti più a rischio, così da coinvolgerli in studi sperimentali o trattamenti precoci. Anche se oggi non esiste una cura definitiva per l’Alzheimer, avere più tempo per affrontare la malattia significa poter rallentare la progressione e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Un passo verso la comprensione dell’evoluzione della malattia
L’algoritmo rappresenta anche un potente strumento per comprendere meglio come si sviluppa l’Alzheimer e perché, in alcuni casi, il deterioramento cognitivo lieve evolve in demenza, mentre in altri resta stabile. Grazie a questi nuovi strumenti, i ricercatori potranno studiare con maggiore precisione le fasi iniziali della malattia, esplorando nuovi approcci terapeutici e potenzialmente identificando biomarcatori linguistici universali.
Secondo Paschalidis, “Con dati vocali più puliti e strumenti più raffinati, ci aspettiamo che l’accuratezza dell’algoritmo migliori ancora. Siamo solo all’inizio di un nuovo modo di guardare all’Alzheimer: non più solo come una malattia del cervello, ma anche come un’alterazione del linguaggio che può essere ascoltata, analizzata e, forse, anticipata”.