Ad Amsterdam, tra i canali e le strade affollate, le folaghe comuni costruiscono i loro rifugi intrecciando non solo erba e rami, ma anche involucri di plastica, mascherine chirurgiche e confezioni di cibo. Una ricerca pubblicata a febbraio sulla rivista Ecology ha svelato come questi uccelli utilizzino da oltre trent’anni materiali prodotti dall’uomo, trasformando i loro nidi in veri e propri archivi storici urbani.
Nel cuore della città, il biologo del Naturalis Biodiversity Center di Leiden, insieme al suo team, ha raccolto e analizzato i nidi di queste folaghe. Durante uno scavo avvenuto nel 2021 lungo il canale Rokin, è stato trovato un nido costruito su una trave di legno, composto da numerosi strati di plastica. Tra questi, confezioni di patatine, involucri di dolci e altri rifiuti resistenti al tempo hanno permesso ai ricercatori di risalire alle origini di questi materiali, utilizzandoli come un archeologo farebbe con i fossili.
Secondo lo studioso, è impressionante pensare che oggetti di plastica monouso, impiegati dall’uomo per pochi minuti, possano sopravvivere per decenni e diventare parte integrante della vita di altre specie. Durante il picco della pandemia da COVID-19, le folaghe hanno persino inserito mascherine chirurgiche nei loro nidi, un’abitudine che sembra continuare ancora oggi.
I nidi delle folaghe sono normalmente costituiti da materiali vegetali che si decompongono rapidamente, impedendo il riutilizzo dell’intera struttura nei cicli riproduttivi successivi. Tuttavia, la plastica ha modificato questo equilibrio naturale: i nidi sono diventati più robusti e stabili, consentendo agli uccelli di tornare anno dopo anno a edificare su basi solide, stratificando ulteriormente materiali di epoche diverse.
I ricercatori hanno trovato quindici nidi contenenti strati di plastica risalenti a più anni, confermando come queste strutture siano state progressivamente riutilizzate. In alcuni casi, le date di scadenza presenti sugli imballaggi hanno permesso di stabilire un preciso riferimento temporale. Nella parte più profonda del nido esaminato lungo il Rokin, sono stati rinvenuti involucri databili ai primi anni ’90. Tra questi spicca un involucro di Mars Bar, perfettamente conservato, che pubblicizzava la Coppa del Mondo FIFA del 1994.
Questa scoperta ha suscitato stupore nel biologo olandese, che ha commentato come sia incredibile vedere un oggetto in condizioni impeccabili dopo trent’anni, testimoniando l’estrema resistenza della plastica nell’ambiente. La ricerca ha inoltre evidenziato come il problema dell’inquinamento plastico non si limiti ai corsi d’acqua o agli oceani, ma influenzi anche gli ecosistemi urbani e la fauna che li popola.
Anche altre specie, come gazze e corvi, sono state osservate mentre impiegavano materiali insoliti per la costruzione dei loro rifugi, tra cui perfino le punte anti-uccello usate per allontanare volatili indesiderati dai cornicioni dei palazzi. La presenza di questi oggetti nei nidi conferma quanto l’ambiente urbano sia ormai intrecciato alla presenza costante di plastica e rifiuti umani.
Ad Amsterdam, tra i ponti storici e i canali pittoreschi, la storia degli ultimi trent’anni non si legge soltanto nei libri, ma anche tra i resti di sacchetti di patatine alla paprika degli anni ’70, incastonati nei nidi delle folaghe come pagine colorate di un diario inconsapevole.