Nel cuore dell’oceano Pacifico, a pochi chilometri dalla leggendaria Fossa delle Marianne, tre piccoli cubi in acciaio inox si trovano a una profondità impressionante di 7.000 metri. Questi oggetti non sono semplici manufatti industriali, ma vere e proprie opere d’arte realizzate da Lakshmi Mohanbabu, artista e architetta con origini afghane e cittadinanza singaporiana. L’obiettivo non è soltanto estetico: dietro questa collocazione estrema si cela una precisa funzione scientifica e tecnologica.
Un progetto artistico tra spazio, metaverso e abissi oceanici
Lakshmi Mohanbabu non è nuova a iniziative fuori dagli schemi. La sua collezione di opere chiamata Interactions ha già viaggiato oltre l’atmosfera terrestre, ha raggiunto la Luna, si trova nel metaverso sotto forma di NFT e si sta trasformando in monumentali sculture in diverse metropoli. Oggi, una parte di questo ambizioso progetto ha trovato posto nel punto più remoto del pianeta, con l’intento di sottolineare la connessione profonda tra le persone e i cicli universali della vita.
I tre cubi metallici, realizzati in acciaio inox speciale e dal lato di 10 centimetri, portano disegni complessi che rappresentano simboli come il Nautilus, il Primario, il Secondario, il Mulino a vento e il Dromenon. Questi motivi geometrici e astratti sono stati ideati per evocare nove concetti chiave condivisi da ogni cultura umana: creazione, cicli della vita, forma, colore, direzione, movimento, energia, spazio e tempo.
Un’impresa tecnologica oltre ogni limite
L’immersione di queste opere a una profondità pari a 700 atmosfere di pressione ha richiesto l’impiego di soluzioni ingegneristiche all’avanguardia. Il Centro per la stampa 3D della Nanyang Technological University di Singapore (SC3DP), guidato dal Professore Assistente Lai Changquan, ha sviluppato una tecnologia innovativa chiamata LAPIS (Laser Patterning and Incorporation of Sheets). Questa tecnica ha permesso la creazione di pareti composte da 80 strati ultra sottili di acciaio inox, rendendo la struttura più resistente del 70% rispetto all’acciaio tradizionale.
Due dei cubi sono stati costruiti utilizzando acciaio inox anticorrosione, mentre il terzo rappresenta un capolavoro tecnologico di precisione e resistenza. Questa sperimentazione potrebbe presto trovare applicazione in settori come l’industria aerospaziale, la navigazione marittima e il comparto energetico.
L’arte che diventa scienza
La missione di trasporto e posizionamento delle opere sul fondo dell’oceano ha richiesto una collaborazione internazionale. La società NuStar Technologies, specializzata in soluzioni offshore, insieme all’Agenzia giapponese per la scienza e la tecnologia marina-terrestre (JAMSTEC), ha reso possibile l’impresa. Ma la ragione principale per cui il Giappone ha partecipato al progetto è sorprendente: quei cubi artistici fanno ora parte del sistema di sorveglianza sismica LTBMS (Long-Term Borehole Monitoring System), pensato per rilevare e monitorare i movimenti tettonici sotto l’Anello di fuoco del Pacifico, una delle aree più attive dal punto di vista sismico.
Questi piccoli oggetti d’arte, dotati di cavità speciali per ospitare sensori, contribuiscono quindi alla protezione dell’arcipelago giapponese dai rischi di terremoti e tsunami, inviando dati in tempo reale ai centri di monitoraggio. Per immortalare la loro presenza nelle profondità oceaniche, è stato persino installato un sistema di telecamere ultra-resistenti.
L’orgoglio di un Paese
Per Lakshmi Mohanbabu, questo progetto non è soltanto un’espressione artistica e tecnologica, ma anche un atto di orgoglio nazionale. Dopo aver portato le sue opere nello spazio e ora nel cuore degli abissi marini, Singapore diventa la prima nazione al mondo a vantare la presenza delle proprie creazioni artistiche sia sulla Luna sia sul fondo dell’oceano.
Quest’anno, mentre Singapore celebra SG60, il sessantesimo anniversario della propria indipendenza, queste installazioni rappresentano un simbolo della capacità del Paese di spingersi oltre i confini dell’immaginazione, unendo estetica, ricerca scientifica e innovazione tecnologica.