La tecnologia ha compiuto passi da gigante, eppure ci ostiniamo a progettare robot con sembianze umane, investendo enormi risorse per replicare arti, movimenti e persino espressioni facciali. Ma perché? Leah Crane solleva una questione cruciale: se un robot può avere qualsiasi forma, perché limitarsi a quella umana?
Per decenni, la fantascienza ha alimentato il sogno dei robot umanoidi, dai servitori metallici de I Jetson fino agli androidi iperrealistici dell’Universo Cinematografico Marvel. Nella realtà, però, questi prototipi hanno faticato a trovare un vero utilizzo pratico, rimanendo spesso gadget curiosi o addirittura meme viventi. Oggi, però, il panorama sta cambiando.
Robot umanoidi nelle fabbriche e nei magazzini
Negli ultimi anni, diverse aziende stanno puntando sui robot antropomorfi, sperimentandoli in settori come la produzione automobilistica e la logistica. Tesla, ad esempio, sta sviluppando Optimus, un robot progettato per compiti ripetitivi nelle fabbriche, mentre aziende come Agility Robotics e Figure AI stanno introducendo macchine bipedi in magazzini e centri di distribuzione.
Anche il settore domestico sembra pronto ad accogliere questi assistenti robotici. Aziende come Sanctuary AI e 1X Technologies promettono dispositivi in grado di aiutare nelle faccende quotidiane, aprendo la strada a una nuova generazione di automi casalinghi.
Ma è davvero necessario che abbiano un corpo umano?
La vera domanda, però, resta senza una risposta convincente. Qual è il vantaggio pratico di un robot con due gambe e due braccia? In molti casi, una macchina progettata specificamente per un compito può essere molto più efficiente di un androide che cerca di imitare goffamente i movimenti umani.
Nei magazzini, ad esempio, robot su ruote come quelli di Amazon Robotics superano di gran lunga gli umanoidi in termini di velocità e precisione. Boston Dynamics ha dimostrato con Spot, il suo robot quadrupede, che una forma più adattabile può funzionare meglio in ambienti complessi. E se si tratta di manipolare oggetti, bracci robotici specializzati già dominano l’industria da decenni.
Allora, perché questa ostinazione verso il modello umano? Il fascino dell’antropomorfismo potrebbe giocare un ruolo chiave: vedere un robot con sembianze umane lo rende più familiare, più accettabile nella società. Inoltre, progettare macchine capaci di muoversi in ambienti costruiti per gli esseri umani (scale, porte, corridoi) può sembrare un vantaggio. Tuttavia, questo approccio porta con sé enormi limitazioni tecnologiche e costi elevati.
Forse, invece di inseguire l’illusione di robot che camminano e parlano come noi, la sfida più interessante sarebbe progettare macchine che sfruttino il meglio della tecnologia senza essere vincolate alla nostra forma.