Quando si prepara un piatto, che sia un semplice soffritto o una complessa ricetta della tradizione, la scelta tra oli vegetali e grassi di origine animale è spesso inevitabile. In molti si trovano davanti a un dubbio sempre più discusso: cosa fa davvero bene al nostro organismo? Da un lato, c’è la crescente diffidenza verso gli oli di semi industriali, considerati da alcuni potenzialmente dannosi; dall’altro, c’è il ritorno all’uso di grassi animali come lo strutto o il sego di manzo, celebrati da chi li considera più “naturali” e sicuri. Per capire cosa è meglio mettere in padella, è necessario esaminare da vicino come vengono prodotti questi grassi e quali effetti hanno sulla salute.
Il processo di lavorazione degli oli di semi
Gli oli vegetali derivati da semi, come olio di canola, mais, girasole, soia e cartamo, sono ottenuti attraverso processi industriali sofisticati. I principali imputati di molte critiche sono quelli che alcuni definiscono gli “odiosi otto”, un gruppo di oli che subisce processi di estrazione intensiva. Spesso si ricorre all’impiego dell’esano, un solvente chimico che consente di separare l’olio dai semi dopo la frantumazione. Nonostante le rassicurazioni legate alla sicurezza di questo metodo — poiché il solvente viene quasi completamente eliminato tramite evaporazione — permangono perplessità tra consumatori e studiosi.
Alcuni impianti, per rispondere a queste preoccupazioni, adottano la spremitura a freddo, che mantiene la temperatura sotto i 49°C e consente di preservare una quantità maggiore di antiossidanti, vitamine e composti bioattivi naturalmente presenti nei semi. Si fa inoltre sempre più spazio l’utilizzo di solventi verdi, come l’anidride carbonica supercritica o l’acqua, alternative più rispettose dell’ambiente e della salute umana.
Il ruolo degli acidi grassi omega-6 negli oli di semi
Una delle questioni centrali nel dibattito sugli oli di semi riguarda il contenuto di acidi grassi omega-6, in particolare l’acido linoleico. Questo tipo di grasso polinsaturo ha mostrato effetti positivi, come la riduzione del colesterolo LDL (il cosiddetto “cattivo”) e l’aumento del colesterolo HDL (“buono”), contribuendo così al miglioramento della salute cardiovascolare. Tuttavia, il problema sorge quando nella dieta si crea uno squilibrio tra omega-6 e omega-3, i grassi benefici contenuti soprattutto nei pesci grassi come sgombro, acciughe e salmone.
Secondo una revisione del 2023 pubblicata su Nutrients, l’alimentazione tipica nei Paesi occidentali, in particolare negli Stati Uniti, presenta un rapporto di omega-6 a omega-3 pari a 25:1, mentre l’equilibrio ideale sarebbe decisamente inferiore. Questo squilibrio è stato collegato a processi infiammatori che contribuiscono allo sviluppo di malattie croniche. Tuttavia, i grassi omega-6, se consumati con moderazione e bilanciati da un adeguato apporto di omega-3, mantengono un ruolo positivo nel metabolismo umano.
Grassi animali: ritorno alle origini o rischio per la salute?
I grassi saturi di origine animale, come il burro, il lardo e il sego, sono stati per anni accusati di essere tra i principali responsabili delle malattie cardiovascolari e dell’obesità. L’eccesso di acidi grassi saturi può aumentare i livelli di colesterolo totale e LDL, favorendo l’accumulo di placche aterosclerotiche nelle arterie.
Nonostante questo, una parte della comunità scientifica e alcuni sostenitori della dieta ancestrale rivalutano il consumo di questi grassi, seppure in modiche quantità. Uno studio pubblicato nel 2021 su BMC Medicine ha osservato che l’elevato consumo di burro e margarina era associato a un aumento della mortalità totale, mentre l’utilizzo di olio d’oliva o olio di canola mostrava una correlazione con un rischio inferiore di morte prematura.
Questi dati sono stati confermati da una ricerca più recente, pubblicata nel marzo 2025 su JAMA Internal Medicine, che suggerisce che la sostituzione dei grassi saturi animali con oli vegetali insaturi può essere una strategia utile per migliorare la salute e ridurre il rischio di malattie croniche.
L’olio d’oliva: l’alleato della dieta mediterranea
Nel panorama degli oli da cucina, l’olio extravergine d’oliva occupa un posto di rilievo. A differenza degli oli di semi, viene estratto dalla polpa dell’oliva matura, senza bisogno di solventi chimici. Questo processo di spremitura a freddo garantisce la conservazione di nutrienti fondamentali, tra cui vitamina E, vitamina K e composti fenolici.
Numerosi studi hanno confermato che l’olio d’oliva, specialmente se consumato crudo, è associato a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, demenza senile e diabete di tipo 2. Non è un caso che rappresenti uno degli elementi principali della dieta mediterranea, riconosciuta a livello mondiale per i suoi effetti benefici sulla longevità e sulla qualità della vita.
In conclusione, il confronto tra grassi animali e oli di semi non si riduce a una semplice scelta tra “buono” e “cattivo”. La chiave risiede nella qualità del prodotto, nel metodo di lavorazione e nella moderazione del consumo, preferendo grassi insaturi di origine vegetale, come l’olio extravergine di oliva, rispetto ai grassi saturi, spesso legati a problematiche croniche di salute.