Tra mito e realtà, aumentano gli avvistamenti della leggendaria creatura nella foresta pluviale africana
Una figura leggendaria del folklore africano, il Mokèlé-mbèmbé, torna al centro dell’attenzione. Secondo recenti racconti provenienti dall’Africa centrale, un numero crescente di persone afferma di aver visto una creatura sconosciuta nelle profondità del Bacino del Congo, una delle più grandi e meno esplorate foreste pluviali del mondo. Ma stiamo davvero per scoprire una specie animale mai identificata, oppure questi avvistamenti riflettono qualcos’altro?
Il dinosauro che ferma il fiume
Il nome Mokèlé-mbèmbé significa “colui che ferma il flusso dei fiumi” in Lingala, lingua bantu diffusa nella regione. Secondo le descrizioni più comuni, la creatura somiglierebbe a un sauropode, il classico dinosauro dal collo lungo, con dimensioni variabili tra quelle di un ippopotamo e quelle di un elefante. Racconti simili sono stati trasmessi da generazioni tra le popolazioni locali e furono riferiti per la prima volta agli esploratori europei agli inizi del Novecento.
Da allora, il Mokèlé-mbèmbé è diventato uno dei principali soggetti della criptozoologia, la controversa disciplina che studia animali la cui esistenza non è riconosciuta dalla scienza ufficiale. I racconti di questa creatura misteriosa sono stati alimentati da romanzi d’avventura e film iconici come Jurassic Park, contribuendo a rafforzare l’immaginario collettivo sui “dinosauri nascosti” nelle zone più remote della Terra.
Una nuova ondata di avvistamenti
Negli ultimi decenni, le testimonianze sul Mokèlé-mbèmbé erano progressivamente diminuite. Ma ora, secondo fonti locali e osservazioni raccolte nel Bacino del Congo, i presunti avvistamenti stanno aumentando. Alcuni ritengono che questi incontri casuali siano la prova che la creatura è reale e che si stia muovendo più spesso nelle aree abitate. Altri, invece, propongono un’interpretazione più realistica: questi avvistamenti sarebbero il risultato del crescente impatto ambientale sulla regione.
La deforestazione massiccia – con 23 milioni di ettari persi tra il 2000 e il 2016 – ha costretto numerosi animali a uscire dai loro habitat naturali, aumentando le probabilità di incontri ravvicinati con le comunità umane. In questo contesto, è facile per le persone, già influenzate dal folklore locale, interpretare erroneamente ciò che vedono, sovrapponendo leggende a osservazioni reali di animali conosciuti.
Una finestra sul nostro immaginario collettivo
Al di là della sua esistenza fisica, il Mokèlé-mbèmbé ha un significato culturale profondo. Rappresenta il desiderio di meraviglia in un mondo sempre più esplorato e conosciuto. In un’epoca in cui la scienza sembra spiegare tutto, le storie di criptidi offrono un rifugio emotivo, una possibilità che l’inatteso esista ancora da qualche parte.
Non è la prima volta che creature leggendarie vengono riscoperte come animali reali: il calamaro gigante, i draghi di Komodo, l’ornitorinco e persino i gorilla erano un tempo considerati miti o esagerazioni. Tuttavia, altri famosi criptidi – dal Bigfoot al Mostro di Loch Ness – non hanno mai avuto conferme concrete, e restano confinati nel regno del folklore moderno.
Folklore come specchio dell’ecosistema
Secondo alcune voci autorevoli, gli avvistamenti recenti del Mokèlé-mbèmbé non sono tanto la prova dell’esistenza di un dinosauro nascosto, quanto piuttosto la manifestazione di un folklore che si adatta al cambiamento ambientale. Quando gli habitat vengono ridotti e le persone si trovano a contatto con la fauna selvatica che non conoscevano, la mente può facilmente colmare i vuoti con le storie ascoltate da bambini.
Il folklore, in questo caso, non è solo tradizione, ma una forma di risposta culturale alla trasformazione dell’ambiente. Raccontare del Mokèlé-mbèmbé diventa un modo per dare senso all’imprevisto, per mantenere viva una connessione con un mondo naturale che sta scomparendo sotto i colpi del disboscamento, dell’urbanizzazione e dei cambiamenti climatici.