Un nuovo scenario emerge dai suoli del nord
L’innalzamento delle temperature sta alterando profondamente gli ecosistemi naturali. Tra questi, le torbiere e il permafrost sono considerati enormi serbatoi di carbonio che, con il riscaldamento globale, rischiano di trasformarsi in pericolose fonti di emissioni. Tuttavia, una nuova variabile entra in gioco e potrebbe cambiare le previsioni climatiche: la fioritura delle microalghe e l’aumento dell’attività fotosintetica dei microbi del suolo.
Il ruolo inatteso dei microbi nei suoli torbosi
Gli ambienti umidi come la palude di Männikjärve in Estonia, ricchi di materia organica, sono tra i principali accumulatori di carbonio del pianeta. Tradizionalmente, si è sempre pensato che il riscaldamento globale avrebbe innescato un circolo vizioso: con l’aumento delle temperature, la decomposizione accelerata della materia organica avrebbe rilasciato quantità crescenti di anidride carbonica nell’atmosfera.
Ma una nuova prospettiva si sta facendo strada: in presenza di condizioni più calde, alcuni microbi nei suoli torbosi non si limitano a decomporre la materia organica, ma aumentano anche la loro attività fotosintetica, assorbendo più CO₂ di quanto previsto.
Microalghe e batteri fotosintetici: piccoli attori, grande impatto
Le microalghe e i batteri fotosintetici presenti nei suoli umidi e torbosi sono in grado di trasformare la luce solare in energia, come fanno le piante, contribuendo così all’assorbimento di anidride carbonica. In condizioni più calde, questi organismi sembrano reagire positivamente, fiorendo e intensificando la fotosintesi.
Questa risposta biologica potrebbe costituire un meccanismo di compensazione naturale delle emissioni, almeno in parte. In pratica, laddove si temeva solo un aumento delle emissioni dai suoli in degradazione, si osserva invece un possibile aumento della capacità di sequestro del carbonio.
Le stime sui serbatoi di carbonio naturali
Nell’emisfero settentrionale, il permafrost contiene circa 1,5 miliardi di tonnellate di carbonio, un quantitativo enorme che, se rilasciato, avrebbe effetti devastanti sul clima globale. A questo si aggiungono le torbiere di tutto il mondo, anch’esse custodi di immensi depositi di carbonio organico.
La preoccupazione degli scienziati è che questi ecosistemi possano passare da pozzi di carbonio a fonti attive di emissioni, innescando un feedback climatico pericoloso. Tuttavia, l’attività biologica degli organismi fotosintetici nel suolo suggerisce che le proiezioni attuali potrebbero essere sovrastimate, poiché non tengono pienamente conto di questo fenomeno emergente.
Implicazioni per la modellazione climatica
I modelli climatici globali si basano su numerose variabili, ma spesso trascurano i comportamenti microbici su piccola scala, che, messi insieme, possono avere un impatto globale. Includere nel calcolo le dinamiche di fotosintesi dei microbi del suolo, in particolare nelle torbiere e nei terreni di permafrost, potrebbe portare a previsioni più accurate e meno catastrofiche.
Non si tratta di una soluzione definitiva al cambiamento climatico, ma di una sfumatura importante: la natura non è passiva di fronte alle trasformazioni climatiche, e in alcuni casi può mettere in atto processi di auto-regolazione sorprendenti.
Il delicato equilibrio tra emissioni e assorbimento
Va comunque precisato che il bilancio globale resta negativo: il mondo continua a emettere più carbonio di quanto venga riassorbito. Tuttavia, riconoscere e comprendere meglio questi meccanismi naturali potrebbe fornire strumenti più raffinati per le politiche ambientali e la conservazione degli ecosistemi.
Inoltre, queste scoperte potrebbero aprire nuove strade nella biotecnologia ambientale, sfruttando il potenziale delle microalghe e dei batteri fotosintetici per il ripristino degli ambienti degradati o come soluzione per la cattura del carbonio.