Chiunque si sia trovato nei pressi dell’area dei pinguini in uno zoo conosce bene l’odore pungente dei loro escrementi. Un effluvio così forte da spingere molti visitatori a tapparsi il naso e ad allontanarsi, nonostante la simpatia di questi eleganti uccelli marini. Ma non sono soltanto gli esseri umani a esserne infastiditi: persino il krill, minuscolo crostaceo alla base della catena alimentare antartica, percepisce quell’odore come un segnale di pericolo imminente. Uno studio recente, pubblicato su Frontiers in Marine Science, ha rivelato che una specifica sostanza chimica contenuta nelle feci dei pinguini Adélie innesca nel krill una serie di reazioni evasive.
Il ruolo fondamentale del krill nell’ecosistema antartico
Il krill antartico è una risorsa alimentare imprescindibile per molte specie marine, inclusi balene, foche, uccelli marini e, naturalmente, i pinguini Adélie. Questi ultimi, in particolare, si nutrono quotidianamente di circa 1,6 chilogrammi di krill a testa. Considerando l’intera popolazione di pinguini Adélie, si stima un consumo annuale che supera i 1,5 trilioni di tonnellate di krill, una quantità colossale che sottolinea l’importanza di questa minuscola preda per l’intero equilibrio ecologico del Mare di Ross e dell’intero Oceano Meridionale.
Il krill utilizza segnali chimici per orientarsi nell’ambiente marino. Attraverso questi stimoli percepisce la presenza di cibo, di potenziali partner e, come dimostra la nuova ricerca, anche dei predatori.
L’esperimento che ha svelato l’effetto del guano dei pinguini sul comportamento del krill
Il gruppo di scienziati ha raccolto esemplari di krill antartico direttamente dalle acque dell’Oceano Meridionale, portandoli successivamente in laboratorio per lo studio. In un ambiente controllato, i ricercatori hanno ricreato le condizioni di luce e temperatura tipiche delle acque polari e hanno sottoposto il krill a tre differenti flussi d’acqua: uno contenente solo alghe, un altro mescolato con guano di pinguino Adélie e un terzo con una combinazione di entrambi.
Le osservazioni condotte durante i test hanno mostrato che il krill, esposto al solo odore delle feci dei pinguini, modificava in modo drastico il proprio comportamento. Normalmente i crostacei si muovono seguendo traiettorie rettilinee e regolari, ma in presenza di questa sostanza cambiavano immediatamente direzione, aumentando la velocità e muovendosi in modo disordinato, con rapidi zigzag che sembrano essere strategie di fuga per evitare di diventare preda.
Una risposta istintiva a un segnale chimico ancora misterioso
La ricercatrice Nicole Hellessey, che ha coordinato lo studio presso il Bigelow Laboratory for Ocean Sciences nel Maine, ha spiegato che basta una piccola quantità di guano di pinguino Adélie per provocare un mutamento repentino nelle abitudini alimentari e nei modelli di nuoto del krill antartico. Quando l’acqua veniva contaminata dalle feci, il krill riduceva l’alimentazione fino al 64%, a causa delle continue manovre evasive che interrompevano la ricerca di cibo.
Questo comportamento, secondo Hellessey, potrebbe aumentare significativamente la probabilità di sopravvivenza del krill, soprattutto all’interno dei grandi sciami che popolano l’Oceano Antartico. Se un esemplare percepisce la presenza del predatore e reagisce, l’intero gruppo potrebbe beneficiare della segnalazione collettiva di pericolo.
Quale molecola scatena la fuga del krill?
La ricerca non è ancora riuscita a identificare con esattezza quale sostanza chimica contenuta nelle feci dei pinguini Adélie causi questa reazione di panico nel krill. Il team scientifico sta approfondendo gli studi per comprendere come questa risposta possa variare in ambienti diversi, in particolare in condizioni di acque aperte, riscaldamento globale e acidificazione degli oceani, fenomeni che stanno modificando l’habitat naturale del krill antartico.
Secondo Hellessey, eventuali cambiamenti nella percezione dei segnali chimici o nelle reazioni di fuga del krill potrebbero avere conseguenze profonde sull’intero ecosistema dell’Oceano Meridionale, dato che questa specie rappresenta uno degli elementi fondamentali della rete alimentare delle acque polari.