Quando si osserva il profondo spazio cosmico, emergono enigmi che mettono in discussione le fondamenta delle nostre conoscenze scientifiche. Un fenomeno che sta sconcertando gli studiosi riguarda la direzione di rotazione delle galassie: la maggior parte di esse sembra girare nella stessa direzione. Questa osservazione contrasta con i modelli cosmologici attualmente accettati, secondo cui l’orientamento delle galassie dovrebbe distribuirsi in modo casuale. Il fatto che ciò non accada svela un potenziale vuoto nella nostra comprensione dell’universo.
Secondo Lior Shamir, astronomo della Kansas State University, ci sono due possibili spiegazioni. La prima, affascinante e rivoluzionaria, è che il nostro universo possa essere nato in rotazione. Questa teoria si accorda con la cosmologia del buco nero, un’ipotesi secondo cui l’intero cosmo potrebbe esistere all’interno di un buco nero. Se così fosse, tutte le attuali teorie sulla formazione e sull’evoluzione dell’universo sarebbero incomplete o addirittura da rivedere radicalmente.
L’altra spiegazione è decisamente meno suggestiva. Potrebbe trattarsi di un’illusione generata dalla rotazione della Via Lattea, la nostra galassia, che influenzerebbe le osservazioni e porterebbe a interpretazioni distorte.
In superficie, il cosmo può sembrare dominato dal caos, ma osservazioni più profonde rivelano che è strutturato secondo regole ben precise. Immense reti di materia oscura si estendono come filamenti gravitazionali, collegando i centri galattici in un intricato reticolo cosmico. Nonostante questa architettura, gli scienziati avevano sempre ritenuto che le galassie si disponessero e si muovessero con orientamenti casuali all’interno di tali reti. Tuttavia, le recenti analisi di Shamir dimostrano l’esistenza di un modello ben definito nella distribuzione delle direzioni di rotazione.
Nel corso delle sue ricerche, Shamir ha individuato un’asimmetria evidente: a distanze sempre maggiori nello spazio-tempo, tale squilibrio diventa ancora più marcato. Sembra infatti che un numero maggiore di galassie ruoti in una direzione piuttosto che nell’altra. Questa differenza è ancora più pronunciata quando si osservano le galassie primordiali, quelle formatesi nelle prime fasi dell’evoluzione del cosmo.
Lo studio di Shamir si è basato sui dati forniti dal JWST Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES), che ha permesso di analizzare 263 galassie la cui luce ha viaggiato dai 5 ai 10 miliardi di anni prima di raggiungere la Terra.
In linea teorica, esistono solo due direzioni di rotazione: senso orario e antiorario. Se l’universo fosse davvero isotropo, come previsto dal principio cosmologico, la distribuzione tra le due direzioni dovrebbe essere pressoché identica, con un equilibrio del 50%. Tuttavia, dalle osservazioni risulta che 105 galassie ruotano in senso antiorario, mentre 158 girano in senso orario. Questo squilibrio non può essere attribuito al caso.
Secondo Shamir, l’asimmetria è così evidente da poter essere notata a occhio nudo, senza bisogno di strumenti complessi o competenze specialistiche. Grazie alla straordinaria capacità del James Webb Space Telescope, è possibile per chiunque osservare questo sbilanciamento nella direzione delle galassie.
L’ipotesi che l’intero universo possa trovarsi all’interno di un buco nero è affascinante quanto destabilizzante. Tuttavia, potrebbero esserci altre spiegazioni più concrete per l’asimmetria osservata. Una possibilità è che la rotazione della Via Lattea influenzi le osservazioni più di quanto si pensasse finora, facendo sembrare che le galassie ruotino in modo differente da quello reale.
Se questa fosse la causa, si tratterebbe di un errore sistematico importante, la cui correzione permetterebbe di risolvere altre questioni cosmologiche aperte. Ad esempio, si potrebbe chiarire il motivo per cui la velocità di espansione dell’universo appare incoerente tra diverse misurazioni.
Secondo Shamir, una ricalibrazione delle misurazioni delle distanze potrebbe contribuire a spiegare il mistero delle galassie giganti, la cui età stimata sembrerebbe, in alcune misurazioni, superiore a quella dell’universo stesso.
Questi risultati innovativi sono stati pubblicati nei Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, segnando una tappa fondamentale nella ricerca cosmologica moderna.