Per la prima volta, dopo oltre tre decenni di attese e ipotesi, gli astronomi hanno immortalato le elusive aurore di Nettuno, il gigante di ghiaccio situato all’estremità del nostro Sistema Solare. Il merito di questo straordinario risultato è del potentissimo James Webb Space Telescope (JWST), che ha permesso di misurare il bagliore aurorale e di scoprire dettagli inaspettati sulla temperatura attuale del pianeta. Oggi, rispetto al 1989 — anno in cui la sonda Voyager 2 visitò Nettuno — il pianeta risulta sensibilmente più freddo.
Le aurore, spettacolari giochi di luce creati dall’interazione tra particelle cariche e i campi magnetici planetari, sono già state osservate su Marte, Giove, Saturno, Mercurio, Venere e Urano, oltre che sulla Cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Ora, con la scoperta su Nettuno, il cerchio si chiude e l’intero set dei pianeti giganti mostra finalmente questo fenomeno anche nell’infrarosso.
Henrik Melin, principale autore dello studio condotto presso l’Università di Leicester, ha commentato con entusiasmo: “Trovare l’aurora su Nettuno è stato il risultato più divertente della mia carriera”. Secondo lo scienziato, il pianeta possiede da sempre tutte le condizioni necessarie per generare aurore, ma finora nessun telescopio terrestre era riuscito a rilevarle.
Grazie alle avanzatissime capacità di osservazione nel vicino infrarosso del JWST, il team è riuscito a rilevare anche la distribuzione del catione trihidrogeno (H3+), un indicatore strettamente legato alla presenza di aurore, già ben conosciuto su Giove, Saturno e Urano. La sorprendente scoperta è che, su Nettuno, queste manifestazioni luminose non si concentrano presso i poli, come avviene sulla Terra, ma si distribuiscono in aree più distanti, a causa del campo magnetico inclinato di 47 gradi rispetto all’asse di rotazione, come già osservato dalla Voyager 2.
La scoperta ha portato con sé un’ulteriore rivelazione: la temperatura dell’atmosfera superiore di Nettuno si è ridotta drasticamente, risultando oggi la metà rispetto a quanto registrato nel 1989. Questo raffreddamento potrebbe aver contribuito a rendere le aurore ancora più difficili da osservare fino ad oggi.
Secondo Heidi Hammel, coinvolta nella ricerca, “l’H3+ è sempre stato un segnale chiave di attività aurorale sui giganti gassosi, e ci aspettavamo di trovarlo anche su Nettuno. Adesso, con le straordinarie capacità del JWST, possiamo finalmente confermarlo.”
Nel 2026, un programma di osservazione dedicato del JWST monitorerà Nettuno per un intero mese. Si prevede di raccogliere nuove informazioni su un mondo ancora largamente misterioso, dove l’atmosfera continua a stupire per la sua dinamicità nonostante la distanza di circa 4,5 miliardi di chilometri dal Sole.
“Le osservazioni del JWST ci stanno rivelando condizioni fisiche inattese e dimostrano che la parte superiore dell’atmosfera si è raffreddata notevolmente dopo il passaggio della Voyager 2. È stata una scoperta sorprendente”, ha aggiunto Henrik Melin. Le informazioni raccolte permetteranno agli scienziati di comprendere meglio l’evoluzione del campo magnetico di Nettuno e la sua interazione con l’ambiente spaziale.