Patagonia, Argentina: dighe incompiute e ghiacciai in pericolo
Nel cuore della Patagonia meridionale, il fiume Santa Cruz scorre ancora libero, alimentato dai ghiacciai del Campo di Ghiaccio Patagonico Meridionale. Ma la sua libertà è minacciata. Due imponenti dighe, parte di un mega accordo tra Cina e Argentina, incombono sul suo destino. I lavori, finanziati dalla Belt and Road Initiative (BRI), sono fermi da anni tra ritardi, accuse di corruzione e gravi allarmi ambientali. Il sogno di portare il 5% dell’elettricità al paese si è trasformato in un incubo ecologico e sociale.
L’ambizione geopolitica dietro la Belt and Road
La Belt and Road Initiative, lanciata ufficialmente nel 2013, è la punta di diamante della strategia globale del presidente cinese Xi Jinping. Con un investimento stimato di oltre 1,3 trilioni di dollari, la Cina ha finanziato oltre 20.000 progetti in 165 paesi. Lo scopo? Rafforzare le connessioni commerciali, garantire risorse naturali e accrescere la propria influenza geopolitica.
Ma l’espansione di Pechino ha portato anche problemi sistemici: standard ambientali carenti, mancata consultazione delle comunità locali, opere incompiute, impatti devastanti sugli ecosistemi e violazioni dei diritti umani.
Il caso argentino: tra strategia energetica e fragilità istituzionale
Nel 2014, l’Argentina ha firmato un accordo da 4,7 miliardi di dollari per la costruzione delle dighe “Condor Cliff” e “La Barrancosa” sul fiume Santa Cruz. Ma la costruzione è iniziata senza adeguate valutazioni di impatto ambientale né consultazioni con le comunità indigene tehuelche e mapuche, come invece previsto dalla legge nazionale e dal diritto internazionale.
I rischi ambientali sono enormi:
- Modifiche irreversibili agli ecosistemi fluviali
- Inondazioni di siti archeologici e territori sacri
- Possibili ripercussioni sullo scioglimento dei ghiacciai, con conseguenze a cascata sui livelli del mare e sulla disponibilità di acqua dolce
I costi sono lievitati, i fallimenti ingegneristici si sono accumulati e, ad oggi, le dighe restano incompiute.
La voce delle comunità locali: “Non c’è rispetto”
La storia delle dighe è anche la storia di Camusu Aike, una piccola comunità indigena che lotta per la propria esistenza culturale e spirituale. Cecilia Isabel Huanquetripay, leader della comunità, denuncia il completo mancato coinvolgimento dei tehuelche nel processo decisionale. Le loro terre, la loro storia e i loro antenati sono minacciati da un’opera che non li ha mai considerati.
Le comunità hanno intentato causa per fermare i lavori fino a che non vengano rispettati i loro diritti alla consultazione, alla cultura e alla protezione ambientale. Ma le risposte tardano ad arrivare, e la Corte Suprema argentina non si è ancora pronunciata in via definitiva.
Progetti “verdi” solo di nome?
Negli ultimi anni, la Cina ha dichiarato di voler rendere la BRI più sostenibile, con un focus su progetti “verdi, piccoli e belli”. Tuttavia, secondo numerosi ricercatori, molti di questi progetti – pur etichettati come sostenibili – continuano a produrre impatti negativi. Alcuni esempi:
- Una miniera d’oro cinese che minaccia il bacino del Congo
- Una ferrovia in Malesia che attraversa habitat critici per specie in pericolo
- Un porto in Sierra Leone che mette a rischio comunità di pescatori e biodiversità marina
In molti casi, Pechino continua a operare senza adeguate garanzie ambientali e trasparenza, sfruttando l’assenza di istituzioni solide nei paesi partner.
Tra geopolitica e crisi climatica
Dietro le grandi opere si nasconde una dinamica politica ed economica globale. I paesi in via di sviluppo, afflitti da crisi economiche, dipendono sempre più da finanziamenti esterni. L’Argentina, ad esempio, è stretta tra il debito con il Fondo Monetario Internazionale e quello con la Cina, suo terzo creditore.
Il presidente Javier Milei, pur avendo inizialmente preso le distanze dalla Cina, ha poi rinnovato la linea di credito e ha inviato segnali distensivi per riavviare i lavori delle dighe.
Il paradosso del progresso
La costruzione delle dighe sul Santa Cruz è l’esempio emblematico di un modello di sviluppo che, sotto la retorica della “modernizzazione” e della “lotta al cambiamento climatico”, rischia di replicare vecchi errori. In nome dell’energia rinnovabile si distruggono ecosistemi unici, si violano diritti storici e si perpetuano forme di colonialismo economico.
Come ha detto un abitante locale: “Questo non è un progetto razionale. È un gioco di politica e denaro.”