La luna ghiacciata di Saturno, Encelado, è considerata da tempo uno dei luoghi più promettenti per la ricerca della vita nel Sistema Solare. Nel 2005, la sonda Cassini della NASA ha rivelato spettacolari getti di vapore acqueo che si innalzano dalla superficie della luna, portando gli scienziati a ipotizzare che questi fenomeni derivassero da un vasto oceano sotterraneo. Tuttavia, un recente studio condotto dai ricercatori del Dartmouth College suggerisce un’ipotesi alternativa: l’acqua nei pennacchi potrebbe avere un’origine più superficiale, mettendo in discussione la connessione diretta con l’oceano nascosto e, di conseguenza, la possibilità che Encelado possa ospitare forme di vita.
Un’ipotesi rivoluzionaria: i geyser non arrivano dalle profondità
Gli studiosi hanno individuato due problemi principali nell’idea che i getti provengano direttamente dall’oceano sotterraneo. Il primo ostacolo riguarda lo spessore del guscio ghiacciato della luna: una frattura dovrebbe attraversarlo completamente per permettere all’acqua di emergere in superficie. Il secondo problema è il meccanismo con cui il liquido, da una profondità così elevata, potrebbe risalire fino a fuoriuscire nello spazio.
Secondo il team di ricercatori, una spiegazione più plausibile sarebbe legata a un fenomeno noto come riscaldamento da taglio. Questo processo si verifica quando il ghiaccio, sfregando contro se stesso lungo le profonde fratture della superficie di Encelado, genera abbastanza calore da sciogliere parzialmente il ghiaccio stesso. Le cosiddette “fratture della tigre”, situate nei pressi del polo sud della luna, sarebbero i punti chiave di questo meccanismo, in cui il calore dell’attrito scioglie il ghiaccio salato creando una sorta di zona fangosa piuttosto che un collegamento diretto con l’oceano sotterraneo.
Il ruolo del sale e delle fratture superficiali
Un elemento determinante in questa teoria è il sale presente nel guscio di ghiaccio di Encelado, che abbassa il punto di fusione del ghiaccio, esattamente come accade sulla Terra quando il sale viene utilizzato per evitare che le strade si congelino in inverno. Il riscaldamento prodotto dall’attrito potrebbe dunque generare un mix semifluido di ghiaccio parzialmente sciolto e acqua salata, che alimenterebbe i pennacchi osservati dalla sonda Cassini.
Un altro indizio a favore di questa ipotesi è la presenza di doppie creste lungo le fratture superficiali della luna. Studi precedenti hanno mostrato che queste strutture si formano quando l’acqua liquida si congela nuovamente in un serbatoio poco profondo, espandendosi e spingendo i bordi della frattura verso l’alto. Se questa dinamica fosse valida anche per Encelado, potrebbe fornire una prova indiretta del fatto che il materiale eruttato dai geyser provenga da una fonte vicina alla superficie e non direttamente dall’oceano sotterraneo.
Il mistero dei gas nei pennacchi
Un ulteriore aspetto preso in esame dai ricercatori riguarda la composizione chimica dei pennacchi, in particolare la presenza di idrogeno molecolare, uno degli elementi chiave identificati dalla sonda Cassini. Secondo la teoria tradizionale, l’idrogeno rilevato sarebbe il prodotto di reazioni chimiche tra l’acqua dell’oceano sotterraneo e le rocce del nucleo di Encelado, un processo che potrebbe fornire energia per eventuali forme di vita microbica.
Tuttavia, lo studio propone un’altra spiegazione: l’idrogeno potrebbe essere rilasciato dalla fusione parziale dei clatrati, strutture cristalline di ghiaccio e gas che si formano nel guscio ghiacciato della luna. Quando questi clatrati si sciolgono, potrebbero liberare idrogeno, metano e anidride carbonica, spiegando le concentrazioni di gas osservate nei pennacchi senza la necessità di coinvolgere un oceano profondo.
Inoltre, il continuo scorrimento del ghiaccio e i movimenti tettonici della crosta lunare potrebbero costantemente rinnovare questa zona fangosa, garantendo un flusso costante di materiale nei getti osservati. Questo processo permetterebbe di mantenere stabili le concentrazioni di gas e nanoparticelle rilevate nei dati raccolti dalla sonda Cassini.
Le implicazioni per la ricerca della vita
Se questa teoria fosse confermata, cambierebbe radicalmente la nostra comprensione dell’attività geologica di Encelado e delle sue potenziali condizioni abitabili. La connessione diretta tra i pennacchi e un oceano sotterraneo potenzialmente abitabile verrebbe meno, riducendo le speranze di trovare forme di vita simili a quelle terrestri in questa remota luna di Saturno. Tuttavia, la presenza di acqua liquida, anche solo in forma di fanghiglia salata vicino alla superficie, manterrebbe comunque vivo l’interesse scientifico per Encelado, offrendo nuove prospettive di ricerca sulla geologia e la chimica di questa affascinante luna.
Lo studio, pubblicato il 5 febbraio sulla rivista Geophysical Research Letters, apre dunque un nuovo scenario sul mistero dei geyser di Encelado, sfidando le precedenti teorie e fornendo una nuova chiave di lettura sulla dinamica di questo spettacolare fenomeno naturale.