Negli ultimi quindici anni, un ambizioso programma di tutela ha trasformato il futuro del beccaccia di mare americano, un uccello dal caratteristico becco rosso acceso che depone le uova e riposa su spiagge e paludi lungo la costa atlantica e del golfo degli Stati Uniti. La Campagna di recupero del beccaccia di mare americano, sostenuta da circa quaranta tra organizzazioni non profit e agenzie governative statunitensi, ha registrato un aumento del 45% nella popolazione di questa specie tra il 2008 e il 2023, portando il numero complessivo a circa 14.735 esemplari.
In passato, la presenza di questo elegante uccello era in forte diminuzione a causa della cementificazione delle spiagge dell’Atlantico e delle aree di riproduzione disturbate da veicoli, turisti e cani senza guinzaglio. Oggi, il successo raggiunto si deve a un lavoro meticoloso che ha portato alla chiusura di tratti di spiaggia e zone umide durante i periodi di nidificazione e alla sensibilizzazione di chi frequenta queste aree. Gli esperti rilevano i numeri della popolazione attraverso il monitoraggio aereo, con fotografie e conteggi visivi, verificati poi dalle osservazioni da terra o via mare.
Il progetto è diventato un esempio per la tutela di altre specie di uccelli marini in difficoltà, come il chiurlo maggiore, con il suo lungo becco ricurvo, e il voltapietre, piccolo uccello dalla livrea castagna e bianca. Lindsay Addison, biologa costiera di Audubon North Carolina, ha sottolineato l’importanza di questo risultato, evidenziando quanto sia raro invertire il declino di una specie con un basso tasso riproduttivo.
Tuttavia, il cambiamento climatico rappresenta una minaccia concreta per il futuro della specie. L’innalzamento del livello del mare, unito all’erosione delle coste e all’aumento della violenza delle tempeste, mette a rischio le aree di nidificazione, soprattutto in Virginia, New Jersey e Louisiana, dove la competizione tra esseri umani e fauna selvatica per gli spazi costieri diventa sempre più evidente. Shiloh Schulte, scienziato senior di Manomet Conservation Sciences nel Massachusetts, ha dichiarato che la perdita di habitat è oggi il problema più urgente.
Un altro ostacolo è rappresentato dall’incertezza dei fondi destinati ai partner federali come il Servizio Fish and Wildlife degli Stati Uniti e il Servizio dei parchi nazionali, entrambi fondamentali nel sostegno alla campagna. I tagli di bilancio, le chiusure dei parchi e la riduzione del personale potrebbero rallentare l’azione di conservazione e limitare la possibilità di replicare questa strategia per altre specie.
La campagna, comunque, continua a contare su una vasta rete di collaborazioni statali e locali. In Massachusetts, ad esempio, opera insieme a cinque enti per sensibilizzare la popolazione e monitorare gli habitat; in Connecticut, collabora con la Audubon Society sul Long Island Sound, mentre in New Jersey lavora in sinergia con tre organizzazioni locali presso i rifugi faunistici.
Uno dei principali successi della campagna risiede nella capacità di coinvolgere i cittadini, facendo comprendere l’importanza di rispettare le aree di nidificazione. La maggior parte dei frequentatori delle spiagge ha mostrato collaborazione, tenendo i cani al guinzaglio e rispettando le chiusure temporanee di alcune zone. Addirittura, molti si trasformano in veri e propri “guardiani” della fauna selvatica, riprendendo chi viola le regole. Secondo Schulte, la chiave è sempre stata il coinvolgimento, più che l’imposizione, cercando un equilibrio tra la fruizione delle aree naturali e la protezione della fauna.
Per monitorare i giovani uccelli, alcuni operatori applicano trasmettitori ai pulcini, permettendo così di seguirne i movimenti e individuare i principali rischi, come l’investimento da parte dei veicoli. L’approccio, però, cerca sempre di mantenere un tono costruttivo e collaborativo, senza mai diventare restrittivo in modo eccessivo. Come ha sottolineato Schulte, l’obiettivo è quello di ampliare il sostegno alla causa, facendo crescere la consapevolezza collettiva.
Lindsay Addison ha confermato che la campagna ha raggiunto un alto livello di accettazione sociale. In alcune località, i frequentatori delle spiagge non solo rispettano le regole, ma difendono attivamente la presenza degli uccelli. Quando la comunità arriva a sentirsi parte della protezione della fauna locale, il successo è tangibile e duraturo.
Lo scenario resta però complesso. Dal 1980 al 2019, secondo uno studio pubblicato su Ornithological Applications, ventisei delle ventotto specie di uccelli costieri degli Stati Uniti hanno registrato cali significativi, con più della metà che ha perso oltre il 50% della propria popolazione. Tra questi ci sono il piviere dorato e il piviere sibilante, che ormai rientrano nei criteri di “specie minacciate” secondo la legge federale sulla protezione delle specie in via d’estinzione.
Gli uccelli costieri, come ha spiegato lo studio, rappresentano un chiaro segnale di un problema globale molto più ampio: la perdita di biodiversità. Si tratta di un fenomeno con cause interconnesse e soluzioni complesse, che richiedono un’attenta gestione di interessi spesso contrastanti.