Secondo il recente rapporto sullo Stato del Clima Globale 2024, pubblicato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il nostro pianeta sta affrontando una serie di trasformazioni senza precedenti. Questo documento rivela come i livelli di anidride carbonica, le temperature, la perdita di ghiacciai, l’innalzamento dei mari e il calore oceanico abbiano raggiunto nuovi massimi allarmanti, confermando l’intensificarsi della crisi climatica.
Nell’arcipelago delle Svalbard, situato nel Mar Glaciale Artico e appartenente alla Norvegia, l’acqua di scioglimento dei ghiacci scorre in volumi mai osservati prima. Proprio qui, insieme alle Ande tropicali e alla Svezia, si sono registrate le più gravi perdite di massa glaciale degli ultimi tre anni. Si tratta di dati preoccupanti, perché questo periodo rappresenta il più intenso scioglimento mai osservato nella storia delle misurazioni.
Il tasso di innalzamento del livello del mare è un altro indicatore drammatico. Dai 2,1 millimetri all’anno registrati tra il 1993 e il 2000 si è passati a 4,7 millimetri all’anno tra il 2015 e il 2024. Una crescita che, come sottolinea il rapporto, è il doppio rispetto al passato. Questo dato non è solo una cifra statistica, ma rappresenta un rischio concreto per le zone costiere, i porti e le città litoranee in tutto il mondo.
Il ghiaccio marino artico si sta riducendo con una rapidità spaventosa. Gli ultimi 18 anni sono stati quelli con la minore estensione di ghiaccio marino estivo nell’Oceano Artico. Nello stesso periodo, l’Antartide ha registrato i suoi tre peggiori anni consecutivi in termini di estensione del ghiaccio marino. L’effetto domino di questi cambiamenti è globale, come avverte John Kennedy della WMO: ciò che accade ai poli non rimane confinato in quelle aree remote, ma influenza il clima ovunque, con conseguenze su piogge, cicloni, temperature estreme e siccità.
Dal punto di vista termico, il 2024 potrebbe essere ricordato come il primo anno solare in cui la temperatura media globale è stata 1,5°C più alta rispetto al livello preindustriale. La media si attesta attorno a 1,55°C sopra la temperatura media del periodo compreso tra il 1850 e il 1900, con un margine di incertezza di ±0,13°C. Tuttavia, un singolo anno sopra la soglia di 1,5°C non equivale automaticamente al superamento degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, che si basano su medie calcolate su circa vent’anni.
Il calore accumulato dagli oceani, indicatore essenziale della quantità di energia in eccesso trattenuta dal sistema climatico terrestre, ha segnato un record ogni anno per otto anni consecutivi. Questa tendenza conferma che la Terra continua a intrappolare sempre più energia termica, aggravando i fenomeni climatici estremi.
Nel documento si considerano anche tre approcci diversi per determinare se e quando l’obiettivo di 1,5°C potrebbe essere stato oltrepassato. Secondo queste metodologie, il riscaldamento attuale rispetto all’era preindustriale si colloca tra 1,34°C, 1,37°C e 1,41°C. Tuttavia, le barre di errore associate a questi valori sono sufficientemente ampie da lasciare aperta la possibilità che il limite di 1,5°C sia già stato superato.
I dati contenuti in questo rapporto mostrano come il cambiamento climatico stia spingendo il pianeta in un territorio che l’umanità non ha mai sperimentato prima. Il fatto che i dieci anni più caldi della storia siano stati proprio gli ultimi dieci anni è solo uno dei tanti campanelli d’allarme che emergono da questo scenario inquietante.