Le osservazioni recenti del James Webb Space Telescope, meglio conosciuto come JWST, stanno gettando nuova luce sull’origine e la natura stessa dell’universo. L’ipotesi affascinante che potrebbe emergere dalle ultime scoperte è che il cosmo osservabile sia intrappolato all’interno di un buco nero. Una teoria tanto audace quanto suggestiva, supportata da dati che stanno spingendo gli scienziati a riconsiderare molte certezze consolidate.
Dal suo lancio nell’Estate del 2022, il James Webb Space Telescope, il più potente strumento d’osservazione mai costruito, ha cambiato la nostra comprensione dell’universo primordiale. Tra le sue scoperte più sconcertanti c’è l’evidenza che una grande percentuale delle galassie osservate ruota nella stessa direzione, un comportamento che appare tutt’altro che casuale. Le galassie che si muovono in senso orario sono state indicate con un cerchio rosso, mentre quelle che si muovono in senso antiorario sono state evidenziate con un cerchio blu. Un quadro che delinea un movimento coordinato, quasi coreografico, che sfida le teorie cosmologiche tradizionali.
Una danza cosmica inaspettata: il mistero della rotazione delle galassie osservato dal JWST
Nel contesto del progetto James Webb Space Telescope Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES), sono state analizzate 263 galassie appartenenti all’universo primordiale. Secondo le rilevazioni, circa due terzi delle galassie analizzate mostrano una rotazione in senso orario, mentre solo un terzo ruota nella direzione opposta. In un universo che si presuppone isotropo e omogeneo, le probabilità dovrebbero essere distribuite in modo più equilibrato, con un 50% di galassie in ciascuna direzione. La presenza di un asse preferenziale nella rotazione galattica ha sollevato interrogativi profondi tra gli astronomi.
Secondo Lior Shamir, professore associato di informatica presso il Carl R. Ice College of Engineering, esistono due possibili spiegazioni per questo fenomeno. La prima suggerisce che l’universo stesso sia nato rotando, mentre la seconda implica che le misurazioni effettuate dal JWST possano essere influenzate dalla rotazione della nostra stessa galassia, la Via Lattea.
L’ipotesi della cosmologia del buco nero: un universo figlio intrappolato in un orizzonte degli eventi
La teoria della cosmologia del buco nero, nota anche come cosmologia di Schwarzschild, propone una visione rivoluzionaria: l’intero universo osservabile potrebbe essere l’interno di un buco nero situato all’interno di un universo genitore. L’idea, formulata inizialmente dal fisico teorico Raj Kumar Pathria e dal matematico I. J. Good, è stata ripresa e ampliata dal fisico polacco Nikodem Poplawski, ricercatore presso l’Università di New Haven.
Secondo questa teoria, l’orizzonte degli eventi di un buco nero, definito dal raggio di Schwarzschild, coinciderebbe con l’orizzonte dell’universo visibile. Ogni buco nero potrebbe rappresentare il passaggio verso un nuovo universo bambino, che si svilupperebbe al suo interno ma sarebbe inaccessibile a chi si trova al di fuori del buco nero stesso.
Il rimbalzo cosmico: come un buco nero potrebbe dare origine a un nuovo universo
La teoria di Poplawski si basa sull’idea che la torsione dello spaziotempo, un fenomeno contemplato in una versione estesa della relatività generale di Einstein, impedisca alla materia di collassare in una singolarità. Invece di raggiungere una densità infinita, la materia rimbalza, come una molla compressa che si espande, innescando un’esplosione simile al Big Bang.
Nel cuore di un buco nero, la materia raggiunge una densità estrema, ma la torsione genera una repulsione gravitazionale tale da invertire il collasso e provocare l’espansione. Questo fenomeno potrebbe spiegare la fase inflazionistica dell’universo primordiale, rendendo il cosmo attuale piatto, omogeneo e isotropo su grande scala.
Poplawski ha affermato che il rapido rimbalzo all’interno del buco nero potrebbe aver dato vita al nostro universo. Il buco nero genitore diventa così un ponte di Einstein-Rosen, o wormhole, collegando il nuovo universo all’universo genitore.
L’universo rotante e l’eredità dell’asse cosmico: una firma lasciata dal buco nero originario?
Secondo Poplawski, l’asse di rotazione del buco nero da cui il nostro universo potrebbe essere nato potrebbe aver lasciato una traccia permanente: un asse preferenziale nella distribuzione della materia e nella rotazione delle galassie. Se confermata, questa asimmetria potrebbe essere la prova che il nostro cosmo ha ereditato la direzione di rotazione del suo buco nero progenitore.
Questa visione potrebbe fornire una spiegazione coerente al fenomeno osservato dal JWST: la predominanza di galassie che ruotano in una direzione specifica non sarebbe un’anomalia statistica, ma il risultato di un’eredità cosmica.
Il dilemma delle osservazioni: la rotazione della Via Lattea può influenzare i dati?
Un’altra possibilità proposta dagli scienziati è che la rotazione della Via Lattea stessa possa aver influenzato le osservazioni del JWST, creando una distorsione nei dati. In passato si riteneva che l’influenza gravitazionale della nostra galassia fosse troppo debole per avere effetti misurabili su scala cosmica, ma i nuovi dati potrebbero costringere a ricalibrare le misurazioni delle distanze nell’universo profondo.
Lior Shamir ha concluso affermando che una nuova calibrazione delle misurazioni cosmologiche potrebbe chiarire alcuni enigmi irrisolti, come le discrepanze nei tassi di espansione dell’universo e la presenza di galassie massicce apparentemente più antiche dell’universo stesso.
Le scoperte del James Webb Space Telescope, del valore di 10 miliardi di dollari, potrebbero dunque aprire una nuova era nella cosmologia, in cui il nostro universo non è altro che l’interno di un buco nero rotante. Se questa teoria troverà conferme, il concetto di multiverso e di universi bambino non sarà più solo una speculazione, ma una realtà scientifica che cambierà per sempre la nostra comprensione dell’esistenza.