Alla scoperta dell’invisibile: cosa sono i neutrini e perché contano
Tra tutte le particelle fondamentali, i neutrini sono quelle più enigmatiche e allo stesso tempo onnipresenti. Ogni secondo, oltre cento miliardi attraversano indisturbati il tuo corpo, ma la loro massa quasi nulla e la totale assenza di carica elettrica li rendono praticamente intangibili. La loro esistenza venne teorizzata per la prima volta negli anni Trenta dal fisico Wolfgang Pauli, che all’epoca ammise con frustrazione: “Ho postulato una particella che non può essere rilevata”. Oggi, però, la scienza non solo è riuscita a individuarli, ma li considera potenziali chiavi per decifrare i segreti più profondi del cosmo.
Proprio in questa direzione si muove uno dei più ambiziosi progetti scientifici del XXI secolo: il Deep Underground Neutrino Experiment, meglio noto come DUNE.
Un’impresa titanica tra l’Illinois e il South Dakota
Il cuore di DUNE batte in due luoghi distinti ma collegati da un fascio invisibile di neutrini. A Batavia, vicino Chicago, il Fermilab prepara un intenso fascio di neutrini, che verrà sparato con precisione verso le Black Hills del South Dakota, attraversando oltre 1.200 chilometri di crosta terrestre. A Lead, nelle viscere del Sanford Underground Research Facility, a quasi 1.600 metri di profondità, si trovano le caverne scientifiche destinate ad accogliere quattro moduli giganteschi riempiti di argon liquido.
Questi contenitori, grandi quanto interi isolati urbani, saranno raffreddati a circa -184 °C e conterranno oltre 17.000 tonnellate ciascuno di argon ultrapuro. L’obiettivo? Massimizzare le probabilità che uno dei neutrini in arrivo interagisca con l’argon, rilasciando segnali captabili da sofisticatissimi sistemi di rilevazione.
Una domanda cosmica: perché esiste la materia?
Il fine ultimo di questa colossale impresa non è soltanto tecnologico, ma esistenziale. Il Modello Standard della fisica afferma che il Big Bang avrebbe generato uguali quantità di materia e antimateria, che però avrebbero dovuto annichilirsi completamente, lasciando dietro di sé soltanto energia. Eppure, l’universo visibile è fatto quasi esclusivamente di materia, mentre l’antimateria è praticamente scomparsa.
Perché? Una possibile risposta potrebbe risiedere nei neutrini. Queste particelle hanno una caratteristica unica: oscillano, cioè cambiano identità passando tra tre “sapori” (elettronico, muonico e tauonico). Il DUNE cercherà di stabilire se neutrini e antineutrini oscillano con ritmi differenti. Se così fosse, si tratterebbe di una violazione della simmetria CP (carica-parità), un indizio fondamentale per spiegare la prevalenza della materia sull’antimateria.
L’eccezionale potenziale del DUNE nella caccia alle supernove
Ma DUNE non si limita a sondare i segreti dell’origine del cosmo. Potrebbe anche rivoluzionare la nostra comprensione delle supernove. Durante queste colossali esplosioni stellari, circa il 99% dell’energia liberata non è visibile, ma viaggia sotto forma di neutrini. Solo una volta, nel 1987, l’umanità è riuscita a captare questi segnali cosmici.
Grazie alla sua scala e sensibilità, il sistema di rilevazione del DUNE potrebbe registrare centinaia, se non migliaia di segnali ogni volta che si verifica una nuova supernova nella Via Lattea. Se poi si trattasse della morte di una stella ipermassiccia, si potrebbe persino osservare in tempo reale la nascita di un buco nero: il flusso di neutrini si interromperebbe bruscamente, offrendo un’indicazione diretta della formazione dell’orizzonte degli eventi.
Tra competizione globale e complementarità scientifica
Il progetto, pur avanzando con determinazione, ha incontrato ritardi e ostacoli, e non è l’unico nel suo campo. In Giappone, ad esempio, l’osservatorio Hyper-Kamiokande è in fase di costruzione e potrebbe diventare operativo già due anni prima del DUNE. Tuttavia, non si tratta solo di competizione scientifica: i due esperimenti si completano a vicenda. Mentre DUNE utilizza argon liquido, Hyper-Kamiokande sfrutterà acqua ultrapura per catturare i neutrini. Le differenze nei materiali, nella distanza tra sorgente e rivelatore e nelle strategie di rilevazione offriranno una visione multidimensionale dello stesso fenomeno.
La sfida dei tre sapori… o forse di più
Il paradigma attuale prevede l’esistenza di tre tipi di neutrini, ma non è escluso che la realtà sia ben più complessa. I dati futuri potrebbero indicare la presenza di neutrini sterili, particelle ancora più elusive che interagirebbero solo con la gravità. Oppure potrebbero emergere comportamenti imprevedibili, capaci di riscrivere la fisica come oggi la conosciamo.
Come afferma il fisico Robert Wilson, coordinatore del DUNE Institutional Board: “Abbiamo questo bellissimo paradigma dei tre neutrini, ma è pericoloso pensare che sia tutta la storia. I neutrini ci hanno già fatto sembrare degli sciocchi una volta.”