In Arizona, un uomo di sessant’anni che vive nel cuore del deserto del Sud-Ovest sta invecchiando a un ritmo decisamente più rapido rispetto a un suo coetaneo residente nello Stato di Washington, sulle coste umide del Pacifico Nord-Occidentale. Eppure, i due hanno stili di vita pressoché identici: nessuno dei due fuma o beve alcolici, entrambi mantengono una regolare attività fisica e godono di un tenore di vita simile. Nonostante ciò, l’uomo che vive sotto il sole cocente del Sud-Ovest americano presenta un’età biologica superiore di 14 mesi rispetto al suo omologo più settentrionale. Ma qual è la causa di questa accelerazione del decadimento cellulare? La risposta potrebbe trovarsi nella temperatura ambientale.
Secondo una recente ricerca pubblicata su Science Advances, l’esposizione prolungata a temperature elevate potrebbe accelerare il processo di invecchiamento cellulare in modo paragonabile agli effetti del fumo abituale. Gli studiosi sostengono che milioni di individui che abitano in regioni caratterizzate da caldo estremo invecchiano più rapidamente rispetto a coloro che risiedono in climi temperati.
Il legame tra calore estremo e degenerazione cellulare: lo studio della University of Southern California
Eun Young Choi, ricercatrice in gerontologia presso la Leonard Davis School of Gerontology dell’Università della California del Sud, ha analizzato l’impatto delle temperature elevate sull’invecchiamento biologico. Attraverso l’analisi di campioni di sangue di oltre 3.600 individui con più di 56 anni, Choi ha valutato il grado di usura cellulare in funzione dell’esposizione prolungata al caldo estremo. I dati meteo raccolti hanno permesso al team di correlare il numero di giorni con temperature superiori a 32 gradi Celsius all’invecchiamento cellulare dei partecipanti.
I risultati mostrano che coloro che vivono in zone dove il termometro supera frequentemente i 32 gradi per almeno metà dell’anno presentano una velocità di invecchiamento biologico superiore fino a 14 mesi rispetto agli individui che trascorrono la maggior parte dell’anno in ambienti più freschi.
Il caldo estremo colpisce come il fumo: la scoperta dei ricercatori
I dati raccolti evidenziano che l’effetto di una prolungata esposizione al calore elevato sul corpo umano è paragonabile a quello di un fumatore abituale. In pratica, vivere per anni in aree soggette a ondate di calore può avere un impatto devastante sulle cellule, simile a quello che si osserva nei soggetti che fumano regolarmente.
Nel 2023, la città di Phoenix, in Arizona, ha registrato 31 giorni consecutivi con temperature superiori a 43 gradi Celsius, un evento che ha reso quell’anno il più caldo mai registrato fino ad allora. Il record è stato rapidamente superato nel 2024, confermando la tendenza globale all’aumento delle temperature a causa dei cambiamenti climatici.
Le conseguenze sanitarie dell’esposizione prolungata alle alte temperature
Le persone costrette a vivere in ambienti caratterizzati da temperature elevate per periodi prolungati rischiano di sviluppare gravi patologie a livello fisico e psicologico. I colpi di calore, ad esempio, rappresentano la forma più severa di malattia correlata al caldo e possono portare al decesso. Le persone anziane e i bambini sono particolarmente vulnerabili perché il loro sistema di termoregolazione è meno efficiente.
A lungo termine, l’esposizione cronica al calore estremo contribuisce a peggiorare malattie renali e cardiovascolari, oltre ad aumentare il rischio di disturbi cognitivi come la demenza. Secondo Vivek Shandas, docente della Portland State University, lo studio di Choi è il primo a stabilire un collegamento diretto tra il caldo cronico e l’accelerazione dell’invecchiamento cellulare su scala nazionale.
Le disparità sociali e geografiche nell’esposizione al calore
Non tutte le popolazioni sono colpite allo stesso modo dal caldo estremo. Le isole di calore urbane, come quelle presenti a New York City o Chicago, possono essere fino a 4 gradi Celsius più calde rispetto alle aree rurali circostanti. Questi quartieri, spesso caratterizzati da un’elevata concentrazione di popolazioni non bianche e da scarse aree verdi, subiscono un’esposizione al calore maggiore a causa delle scelte urbanistiche del passato.
Gli abitanti a basso reddito, le persone senza fissa dimora e coloro che lavorano all’aperto sono le categorie più esposte al rischio. Molti non hanno accesso a condizionatori d’aria o abitano in edifici poco ventilati. Secondo Shandas, queste comunità saranno le più vulnerabili nei prossimi decenni, quando si prevede un aumento delle ondate di calore.
Il futuro dell’invecchiamento e l’impatto sulle generazioni più giovani
Choi sottolinea che i suoi risultati potrebbero estendersi anche a fasce d’età più giovani. Le stesse dinamiche che accelerano l’invecchiamento cellulare negli over 60 potrebbero interessare anche gli adulti più giovani e, potenzialmente, i bambini. Entro il 2040, si prevede che 1 americano su 5 avrà 65 anni o più, contro 1 su 8 nel 2000.
Il riscaldamento globale, provocato dalla continua combustione di combustibili fossili, espone sempre più individui a temperature insostenibili che minacciano la loro salute cellulare e l’aspettativa di vita. Choi auspica che studi futuri possano indagare se questi effetti siano reversibili e se sia possibile identificare strategie di monitoraggio dall’infanzia all’età avanzata.