La vera età di una persona non sempre coincide con l’età che il suo cervello dimostra. Alcuni individui, infatti, presentano un divario significativo tra l’età anagrafica e quella biologica del loro cervello, un fenomeno noto come divario di età cerebrale. Questo scarto è determinato dallo stato delle cellule neuronali e dall’attività di specifici geni. Secondo una recente ricerca condotta da Zhengxing Huang dell’Università di Zhejiang in Cina, ci sono sette geni chiave che sembrano accelerare l’invecchiamento cerebrale, ma esisterebbero anche tredici farmaci e integratori in grado di contrastare questo processo.
Le scoperte del team dell’Università di Zhejiang
Il gruppo guidato da Huang ha sviluppato un modello di deep learning chiamato 3D-ViT, capace di analizzare le risonanze magnetiche e stimare l’età biologica del cervello. L’algoritmo è stato addestrato su registri medici e successivamente verificato su un ampio campione di quasi 39.000 individui appartenenti alla UK Biobank. L’età media dei partecipanti era di 64 anni, con una distribuzione pressoché uguale tra uomini e donne.
Attraverso l’analisi delle immagini cerebrali, il modello 3D-ViT ha individuato segni di invecchiamento accelerato in due aree particolarmente sensibili: il nucleo lentiforme, coinvolto nella memoria di lavoro e nell’attenzione, e il braccio posteriore della capsula interna, una struttura che connette diverse regioni alla corteccia cerebrale, essenziale per le funzioni cognitive complesse. I ricercatori hanno notato che all’aumentare del divario di età cerebrale peggioravano anche le prestazioni nei test cognitivi.
I geni che influenzano maggiormente l’invecchiamento cerebrale
Nel confronto tra le varianti genetiche dei partecipanti e l’ampiezza del loro divario cerebrale, i ricercatori hanno identificato 64 geni coinvolti. Tuttavia, sette di essi sono risultati particolarmente determinanti: MAPT, TNFSF12, GZMB, SIRPB1, GNLY, NMB e C1RL. Questi geni sembrano avere un impatto diretto sulla velocità con cui il cervello invecchia.
I tredici farmaci e integratori potenzialmente utili
Attraverso studi clinici già esistenti, il team ha individuato tredici sostanze, tra farmaci e integratori, che possono modulare l’attività di questi geni e rallentare il deterioramento cerebrale. Tra le principali sostanze individuate troviamo il colecalciferolo, che rappresenta una forma di vitamina D frequentemente utilizzata per trattare la sua carenza. Il dasatinib, farmaco impiegato nella cura della leucemia, e il diclofenac, un noto antinfiammatorio non steroideo, sono anch’essi inclusi in questo elenco.
Altri composti rilevanti sono il doconexent, un acido grasso omega-3, e l’estradiolo, un ormone estrogenico comunemente usato nella terapia ormonale sostitutiva. L’idrocortisone, applicato nella cura di condizioni come l’eczema, e la mecamilamina, che contribuisce ad abbassare la pressione sanguigna, figurano anch’essi tra le soluzioni studiate.
Completano la lista la nicotina, il prasterone (utile per alleviare il dolore vaginale durante il rapporto sessuale in menopausa), nonché due noti integratori antiossidanti, la quercetina e il resveratrolo. Si aggiungono infine il sirolimus, frequentemente usato per sopprimere il sistema immunitario dopo un trapianto di rene, e il testosterone.
Le considerazioni degli esperti internazionali
Nonostante l’entusiasmo che accompagna queste scoperte, gli scienziati invitano alla cautela. Gli autori dello studio sottolineano che l’assunzione di farmaci o integratori al fine di rallentare l’invecchiamento del cervello potrebbe comportare effetti collaterali indesiderati. Il Dottor Dario Valenzano dell’Istituto Leibniz sull’Invecchiamento di Jena, in Germania, evidenzia come la ricerca offra nuovi obiettivi concreti per sperimentazioni cliniche, ma resta difficile stabilire quanto i geni coinvolti influenzino effettivamente l’invecchiamento cerebrale di un individuo.
Anche il Professor Richard Siow del King’s College di Londra richiama l’attenzione sul fatto che un determinato profilo genetico non garantisce l’attivazione dei geni correlati all’invecchiamento. Fattori ambientali e di stile di vita, come il fumo o un consumo eccessivo di alcol, possono amplificare il rischio di declino cognitivo o accelerare l’età biologica del cervello.
Secondo Siow, inoltre, poiché i dati derivano dalla UK Biobank, non è certo che i risultati si possano estendere ad altre popolazioni. Servono ulteriori studi su gruppi provenienti da aree come Africa, Sud America e Asia orientale per comprendere meglio la portata globale di queste scoperte.