La costellazione Hermes Pathfinder dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) è ufficialmente in orbita. Questa mattina, alle 7:43 ora italiana, dalla Vandenberg Space Force Base in California, Stati Uniti, è avvenuto con successo il lancio a bordo del razzo Falcon 9 della missione Transporter 13, organizzata dalla compagnia SpaceX.
I sei cubesat Hermes, progettati per l’osservazione di eventi astronomici ad alta energia, sono stati integrati nella piattaforma Ion, sviluppata dalla società italiana D-Orbit, e sono stati collocati su un’orbita eliosincrona a un’altitudine compresa tra 500 e 520 chilometri, con un’inclinazione di 97,44 gradi. Dopo circa una settimana dal lancio, inizieranno le operazioni di rilascio, con un satellite dispiegato ogni giorno.
Hermes Pathfinder, la svolta italiana nell’astrofisica spaziale
Il progetto Hermes Pathfinder rappresenta un passo decisivo nell’ambito dell’astrofisica multi-messaggero ad alta energia e nell’impiego di nanosatelliti per missioni scientifiche di frontiera. La costellazione, composta da sei cubesat 3U, è stata sviluppata grazie ai finanziamenti dell’Asi e alla collaborazione scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), del Politecnico di Milano e dell’Università di Cagliari.
I sei nanosatelliti opereranno in configurazioni di triplette, con la capacità di rilevare e localizzare lampi di raggi gamma e altri fenomeni cosmici casuali. L’obiettivo è trasmettere in tempi rapidissimi le coordinate degli eventi alla comunità scientifica internazionale, rendendo possibile una risposta tempestiva agli eventi astronomici transitori.
Il commento del presidente Asi Teodoro Valente
Per il presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Teodoro Valente, il lancio odierno è l’ennesimo traguardo raggiunto dal settore spaziale nazionale. Ha sottolineato il ruolo centrale dell’Asi nella missione e l’importanza dell’impegno collettivo di accademia, ricerca e industria italiana.
«Grazie alla competenza del nostro sistema scientifico e industriale, oggi Hermes Pathfinder compie un passo fondamentale. Si tratta di un esperimento essenziale per testare la tecnologia del sensore distribuito nello spazio, validando un concetto modulare, incrementabile e versatile, con un approccio rapido ed economico», ha dichiarato Valente.
Un telescopio virtuale grande quanto un’orbita
Il presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, Roberto Ragazzoni, ha evidenziato il valore innovativo della missione. La costellazione Hermes si comporterà come un telescopio sintetico dal diametro orbitale di circa 14.000 chilometri, una tecnica già sperimentata dagli astronomi ma mai prima d’ora applicata a satelliti di piccola taglia per la rilevazione di raggi X e gamma provenienti anche da sorgenti extragalattiche.
«Questo progetto segna l’inizio di un nuovo paradigma per l’osservazione del cosmo», ha affermato Ragazzoni, «e potrebbe diventare un modello per l’evoluzione futura dei sistemi di osservazione spaziale».
Il contributo fondamentale del Politecnico di Milano
Il Politecnico di Milano ha avuto un ruolo decisivo in diverse fasi del programma. L’integrazione dei sei nanosatelliti Hermes, eseguita presso la camera pulita di Astra Lab del Dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali (Daer), è frutto della collaborazione tra accademia e industria.
La rettrice del Politecnico, Donatella Sciuto, ha sottolineato come questo progetto dimostri la capacità dell’Ateneo di essere in prima linea nella ricerca tecnologica e nello sviluppo di sinergie internazionali. Ha inoltre ricordato il ruolo chiave del laboratorio Advanced Space Technologies for Robotics & Astrodynamics (Astra), eccellenza italiana nel campo dell’ingegneria aerospaziale.
Le collaborazioni scientifiche e industriali internazionali
I sei payload a raggi X e gamma installati sui cubesat sono stati sviluppati e calibrati presso le strutture Inaf di Roma e della Fondazione Bruno Kessler di Trento, mentre il software di bordo è stato realizzato dall’Università di Tubingen. I test ambientali finali sono stati condotti presso le infrastrutture del Politecnico di Milano, oltre che negli impianti della Thales Alenia Space a Gorgonzola (MI) e presso l’Inaf di Roma per le prove in termo-vuoto.
Tre delle sei unità di volo sono state realizzate nell’ambito del progetto Hermes-Sp, supportato dal programma Horizon 2020 della Commissione Europea. La stazione di terra a Katherine, in Australia, è gestita dall’Università della Tasmania, grazie a un accordo con l’Inaf, l’Università di Melbourne e l’Università di Masaryk.
Un sistema di monitoraggio continuo del cielo
La costellazione Hermes Pathfinder garantirà una sorveglianza continua di quasi tutto il cielo. Le coordinate degli eventi cosmici verranno trasmesse in pochi minuti alla comunità scientifica grazie al collegamento con la costellazione Iridium, le reti di stazioni di terra, il Mission Operation Center (Moc) e il Scientific Operation Center (Soc).
Il Moc, che si occuperà delle operazioni in orbita, è stato sviluppato da Altec Spa di Torino, con finanziamento nazionale Asi, mentre il Soc si trova presso il Space Science Data Center (Ssdc) dell’Agenzia spaziale italiana a Roma. Due stazioni di terra dedicate supporteranno il controllo dei satelliti: una è situata presso il laboratorio sperimentale del Politecnico di Milano a Spino D’Adda (Cremona), l’altra si trova a Katherine, in Australia.