Nel panorama delle ricerche sulla fusione nucleare, una scoperta accidentale potrebbe rivoluzionare il modo in cui viene prodotto il litio-6, elemento essenziale per alimentare i futuri reattori a fusione. Fino a oggi, isolare questo isotopo fondamentale si è rivelato estremamente complesso, richiedendo un processo basato sull’uso di mercurio tossico, abbandonato in Occidente dagli anni ’60 a causa degli elevati rischi ambientali.
La fusione nucleare, considerata la fonte potenzialmente illimitata di energia pulita, avviene combinando due isotopi dell’idrogeno, deuterio e trizio, per generare elio, neutroni e un’enorme quantità di energia. Il problema principale riguarda la disponibilità del trizio, un isotopo radioattivo raro e particolarmente costoso. I reattori di tipo “breeder” cercano di risolvere questo problema bombardando il litio con neutroni per produrre il prezioso trizio.
In natura, il litio si presenta sotto forma di due isotopi stabili: il litio-7, che costituisce il 92,5% dell’elemento, e il litio-6, molto più raro ma molto più efficiente nella reazione con i neutroni. Separare i due isotopi, tuttavia, è un’operazione tanto necessaria quanto difficile.
Un gruppo di studiosi guidati da Sarbajit Banerjee dell’ETH di Zurigo, in Svizzera, ha aperto nuove possibilità grazie a un’osservazione fortuita durante una ricerca relativa alla depurazione delle acque contaminate dalle perforazioni petrolifere. Utilizzando membrane a base di cemento contenenti un particolare composto chiamato ossido di vanadio zeta, i ricercatori hanno notato una sorprendente capacità di attrarre grandi quantità di litio, e in particolare una spiccata selettività verso il litio-6.
Secondo Banerjee, l’ossido di vanadio zeta possiede tunnel molecolari circondati da atomi di ossigeno. Questi canali risultano essere della dimensione ideale per ospitare gli ioni di litio-6, che vengono trattenuti con maggiore forza rispetto agli ioni di litio-7. Sebbene il meccanismo preciso non sia ancora del tutto compreso, le simulazioni suggeriscono che a fare la differenza siano le complesse interazioni tra gli ioni e gli atomi disposti lungo i bordi di questi tunnel.
Fino a questo momento, il team ha isolato solo piccole quantità, meno di un grammo, di litio-6. Tuttavia, l’obiettivo è scalare il processo fino a ottenere decine di chilogrammi, con l’ambizione di rispondere alle esigenze dei futuri reattori commerciali, che avranno bisogno di tonnellate di litio-6 ogni giorno per funzionare in modo efficiente.
Banerjee ha sottolineato che le difficoltà legate all’aumento della produzione di questo isotopo, pur essendo significative, sono comunque minori rispetto alle enormi sfide tecnologiche ancora da affrontare nello sviluppo dei reattori a plasma e nell’accensione tramite laser per la fusione.
Se questa nuova tecnologia dovesse dimostrarsi scalabile, potrebbe segnare un passo fondamentale verso una fusione nucleare più pulita e sostenibile, senza l’uso di sostanze dannose come il mercurio, riducendo drasticamente l’impatto ambientale e rendendo più accessibile la produzione di energia pulita a livello globale.