I buchi neri rappresentano uno dei misteri più affascinanti e temuti dell’astronomia moderna. Al centro della Via Lattea, esiste un gigantesco buco nero supermassiccio, chiamato Sagittarius A*, la cui massa equivale a oltre 4 milioni di Soli. Sebbene nessun essere umano sia mai entrato in contatto con una di queste mostruose entità cosmiche, la domanda su cosa succederebbe in caso di attraversamento diretto continua ad affascinare scienziati e curiosi.
L’esito di un incontro ravvicinato con un buco nero dipende principalmente dalla sua dimensione e massa. Ed è proprio la gravità estrema di queste strutture che può provocare effetti drammatici e, spesso, mortali.
Cosa succede quando si entra in un buco nero
Secondo la comunità scientifica internazionale, avvicinarsi a un buco nero di grande massa provocherebbe un fenomeno chiamato spaghettificazione. Questo termine descrive perfettamente come il corpo verrebbe stirato fino a diventare un filamento sottile e lunghissimo, a causa delle forze di marea generate dalla differenza di gravità tra le diverse parti del corpo.
Se, invece, ci si trovasse davanti a un piccolo buco nero, il risultato potrebbe essere altrettanto letale, ma in maniera differente. In questo caso, il passaggio di un minuscolo buco nero all’interno del corpo umano genererebbe un’onda d’urto supersonica, simile a una lacerazione provocata da un colpo di arma da fuoco. L’impatto sarebbe talmente violento da distruggere i tessuti e separare le cellule, generando un effetto devastante.
La natura dei buchi neri
I buchi neri sono oggetti astronomici semplici nella loro definizione, ma incredibilmente complessi nei loro effetti. Secondo la NASA, un buco nero è una regione dello spazio in cui la gravità è così potente che nulla può sfuggirgli, nemmeno la luce.
Per descrivere un buco nero bastano tre parametri: massa, spin (la rotazione) e carica elettrica. Le variabili che descrivono un pianeta come la Terra, invece, sono decisamente più numerose e complesse.
Le due categorie principali di buchi neri
La scienza distingue principalmente tra buchi neri di massa stellare, grandi qualche decina di volte il nostro Sole, e buchi neri supermassicci, le cui dimensioni possono raggiungere miliardi di masse solari.
La caratteristica determinante di un buco nero è la sua velocità di fuga, ossia la velocità necessaria per liberarsi dalla sua attrazione gravitazionale. La Terra ha una velocità di fuga di 11 chilometri al secondo, mentre il Sole richiede circa 600 chilometri al secondo. Ma nel caso dei buchi neri, la velocità di fuga è pari, o addirittura superiore, alla velocità della luce, cioè 300.000 chilometri al secondo.
I buchi neri primordiali e il loro effetto sul corpo umano
Secondo un’analisi condotta da un professore di fisica, un buco nero primordiale – teoricamente esistente sin dall’inizio dell’universo – potrebbe attraversare il corpo umano come un proiettile, generando un’onda d’urto ancora più distruttiva.
Un piccolo buco nero eserciterebbe una forza gravitazionale concentrata in una zona estremamente ridotta. L’impatto creerebbe una fortissima onda acustica, simile a quella prodotta da un oggetto che supera la velocità del suono, ma su scala molto superiore.
Si calcola che un buco nero primordiale potrebbe muoversi a una velocità di circa 200 chilometri al secondo, molto più rapido di qualsiasi proiettile. Anche se al momento non esistono prove dirette della loro presenza, non si può escludere che stiano silenziosamente attraversando il nostro sistema solare.
Spaghettificazione: il destino nei pressi di un buco nero supermassiccio
Quando ci si avvicina troppo a un buco nero supermassiccio, la differenza di forza gravitazionale tra i piedi e la testa di un corpo umano diventa estrema. La parte più vicina viene tirata con più forza rispetto alla parte più lontana, provocando uno stiramento progressivo fino alla completa disintegrazione cellulare. Questo fenomeno prende il nome di spaghettificazione ed è una delle immagini più terrificanti e concrete associate ai buchi neri.
La minaccia invisibile della radiazione di Hawking
Un’altra possibile causa di morte, poco considerata ma altrettanto fatale, potrebbe derivare dalla radiazione di Hawking, una forma di emissione teorica scoperta da Stephen Hawking. Si tratta di un lento processo di evaporazione attraverso il quale il buco nero perde massa.
Per un essere umano, avvicinarsi a un buco nero significherebbe subire un’esposizione a radiazioni termiche talmente intense da causare una distruzione dall’interno verso l’esterno, una sorta di combustione che avviene nel cuore stesso delle cellule.
Possibilità di incontrare un buco nero
La probabilità di trovarsi faccia a faccia con un buco nero primordiale è praticamente nulla. Secondo le stime, anche se ogni stella dell’universo ospitasse miliardi di esseri umani, un solo individuo verrebbe colpito da un buco nero primordiale ogni vent’anni.
Anche in un futuro in cui le compagnie assicurative dovessero aprire sedi su pianeti abitati in tutta la Galassia della Via Lattea, la possibilità di dover coprire i danni causati da un buco nero resterebbe del tutto trascurabile.