DeepSeek, startup cinese specializzata in intelligenza artificiale, ha rivelato per la prima volta alcuni dettagli finanziari, dichiarando che il margine di profitto “teorico” dei suoi modelli potrebbe superare di oltre cinque volte i costi operativi. Questa trasparenza rappresenta un evento raro nel settore dell’IA, dove i modelli di business delle aziende emergenti sono spesso avvolti nel mistero.
L’azienda di Hangzhou ha fatto scalpore con il suo chatbot R1, che il 27 gennaio ha attirato l’attenzione di Wall Street, delle Big Tech statunitensi e della Silicon Valley, grazie a una tecnologia low cost ad alte prestazioni. Nei giorni scorsi, DeepSeek ha rivelato su X che il costo di inferenza dei suoi modelli V3 e R1 ha generato un margine di profitto del 545% sulle vendite registrate nelle 24 ore precedenti l’ultimo giorno di febbraio.
Il costo di inferenza e la realtà dei ricavi
Il termine “inferenza” si riferisce all’insieme di risorse necessarie per far funzionare in tempo reale un modello di IA, tra cui potenza di calcolo, consumo di elettricità, archiviazione dei dati e altre infrastrutture tecnologiche. Tuttavia, DeepSeek ha precisato su GitHub che i ricavi effettivi sono significativamente inferiori rispetto alle stime teoriche, per diversi motivi. Solo una parte dei servizi offerti dall’azienda è effettivamente monetizzata, e inoltre, nelle ore non di punta, vengono applicati sconti per incentivare l’uso della piattaforma.
Inoltre, i calcoli del margine di profitto non tengono conto delle spese di ricerca e sviluppo, né dei costi di formazione dei modelli, fattori che incidono pesantemente sulla sostenibilità economica di un’azienda che opera nell’intelligenza artificiale.
La strategia di DeepSeek e la sfida ai rivali americani
DeepSeek ha anche fornito dettagli su come ha ottimizzato la potenza di elaborazione, bilanciando il carico di lavoro tra diversi server e data center. Questa strategia consente alla startup di ridurre i costi operativi e migliorare l’efficienza della propria infrastruttura.
In una mossa sorprendente, DeepSeek ha scelto di condividere pubblicamente alcune delle innovazioni chiave alla base dei suoi modelli di IA, sposando un approccio open source. Questa scelta la pone in contrasto con le strategie delle aziende rivali statunitensi, tra cui OpenAI, che invece mantengono una politica chiusa sui propri sviluppi tecnologici.
L’annuncio di DeepSeek arriva in un periodo cruciale, in cui il tema della redditività delle startup di intelligenza artificiale è sotto la lente degli investitori hi-tech, sempre più attenti ai ritorni economici nel lungo termine. Aziende come Anthropic PBC e la stessa OpenAI stanno testando diversi modelli di monetizzazione, tra cui abbonamenti e tariffe di licenza per l’uso delle loro tecnologie. Tuttavia, la sfida principale resta quella di raggiungere una vera sostenibilità finanziaria, considerando gli elevati costi operativi legati all’addestramento e al mantenimento dei modelli di IA.
Il successo dell’app di DeepSeek
Nonostante le incertezze sui ricavi, il successo di DeepSeek in termini di diffusione è evidente. Secondo i dati di QuestMobile, la sua applicazione mobile ha già superato 110 milioni di download dal lancio avvenuto a gennaio. Al 9 febbraio, il numero di utenti attivi settimanali ha raggiunto quota 97 milioni, segnando una crescita impressionante nel settore delle piattaforme di intelligenza artificiale.
L’apertura di DeepSeek sui numeri finanziari e la sua strategia open source rappresentano una sfida diretta ai colossi americani dell’intelligenza artificiale. Resta da vedere se il suo modello di business sarà in grado di garantire una redditività sostenibile nel lungo periodo, un obiettivo che, ad oggi, nessuna startup di IA ha ancora completamente raggiunto.