Dalla vastità dello spazio profondo fino agli abissi più remoti della Terra, c’è una sola persona che ha attraversato entrambi i mondi con determinazione e competenza: la dottoressa Kathy Sullivan. Prima astronauta americana a compiere una passeggiata nello spazio, è anche la prima donna ad aver raggiunto il Challenger Deep, il punto più profondo degli oceani. Con una carriera che unisce scienza, esplorazione e leadership istituzionale, Kathy Sullivan rappresenta un’icona vivente dell’esplorazione umana.
IFLScience ha recentemente incontrato Sullivan per un dialogo appassionante, dove si è parlato di missioni spaziali, di immersioni estreme, ma anche di come sia vivere questa “nuova era spaziale”.
Prepararsi a lasciare la Terra: il lungo viaggio verso lo spazio
Quando le si chiede di raccontare la preparazione per una missione nello spazio, Sullivan sorride. La paragona a qualunque spedizione che metta a dura prova le capacità umane, dall’alpinismo alle ricerche oceanografiche. La chiave è mantenere la concentrazione sugli obiettivi, scomponendo il percorso in tappe pratiche: quale equipaggiamento serve, quali competenze sono necessarie, e come affrontare le incognite.
Per la dottoressa Sullivan, la sfida più grande è personale: essere all’altezza delle aspettative. “Devi padroneggiare completamente tutto ciò che è sotto la tua responsabilità, dalle competenze tecniche alla forma fisica. Anche se pensi di essere pronto, devi salire di livello e raggiungere standard elevatissimi.”
Superare queste sfide porta un senso di soddisfazione difficile da spiegare. Sullivan usa un esempio sportivo: “È un po’ come essere scelti per la squadra olimpica. Quando sali sulla rampa di lancio, è come marciare nello stadio alle Olimpiadi. Ma le vere medaglie si conquistano solo dopo.”
Dallo spazio agli abissi del Challenger Deep: un regalo di Natale a 11.000 metri di profondità
Dopo le stelle, Sullivan si è spinta nelle tenebre marine del Challenger Deep, il punto più profondo conosciuto del Pianeta, a bordo del sommergibile guidato dall’esploratore Victor Vescovo. “In quel caso – racconta Kathy – è stato più come scartare un regalo di Natale! Victor aveva già pilotato molte volte il sommergibile e il mio compito principale era… fare buona compagnia e scattare qualche foto decente.”
Scherza, ma il suo contributo è stato prezioso: grazie alle sue conoscenze, la spedizione ha ottenuto calcoli di profondità estremamente accurati. Tuttavia, anche una missione del genere ha richiesto la stessa attenzione ai dettagli di un lancio spaziale. “La squadra ha passato giorni a verificare ogni sistema. Ogni discesa è un rischio. Se qualcosa va storto, non si scende. Si torna in porto e si ricomincia.”
Sullivan si è preparata ad affrontare anche il peggiore degli imprevisti: se Victor fosse stato colto da un malore, sarebbe toccato a lei riportare il sommergibile in superficie. “Quello era il mio compito tecnico principale: sapere come emergere in emergenza.”
Ancora spazio o abissi? La risposta di Sullivan
Quando le si domanda se sarebbe pronta a ripartire per lo spazio o a scendere di nuovo negli abissi, la risposta è chiara: “Sarei felicissima di fare un altro giro in orbita!”. Ricorda con un sorriso che nel 1998 la NASA riportò in volo l’astronauta John Glenn, a 77 anni. “Hanno avuto dati medici su un vecchio uomo nello spazio. Ora servono dati su una vecchia donna! Mi candido io.”
La leadership alla guida della NOAA: un papillon scientifico
Dal 2014 al 2017, Kathy Sullivan ha diretto la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), l’agenzia scientifica americana che si occupa di oceani, atmosfera e clima. La descrive come un papillon: da un lato la raccolta dei dati scientifici, dall’altro la società che deve utilizzarli per prendere decisioni informate. “La NOAA è quel nodo che unisce conoscenza scientifica e bisogni della collettività.”
Secondo Sullivan, la comprensione dei sistemi terrestri è fondamentale: “Viviamo su questa navicella chiamata Terra. È il nostro sistema di supporto vitale e dobbiamo prendercene cura.”
La nuova era spaziale: tra opportunità e sfide
Durante il Festival della Scienza di Edimburgo, Sullivan parlerà di questa “nuova era spaziale”. Se SpaceX è il nome più noto, molte altre nazioni e aziende private stanno rivoluzionando il settore, esplorando nuovi modelli di business e missioni ambiziose. “Ci saranno più possibilità, più creatività e nuove tecnologie. È un momento di grande fermento.”
Ma non mancano le criticità. Kathy sintetizza le sfide nei tre C: congestione, contesa e commercializzazione.
La congestione orbitale
Oggi almeno sei aziende e stati stanno pianificando di lanciare megacostellazioni di satelliti. “Le orbite utili sono limitate, non infinite. Potremmo arrivare a un punto in cui l’orbita diventa un guscio pericoloso, difficile da attraversare senza rischiare una collisione.”
Le nuove contese tra superpotenze
Secondo Sullivan, ci stiamo avviando verso un’altra fase di competizione strategica tra Stati Uniti, Russia e Cina. “Chi controllerà le orbite più vantaggiose sarà come un vigile del traffico spaziale. Ci saranno dispute sulle orbite geosincrone e probabilmente rivendicazioni simili a quelle del vecchio West.”
La corsa commerciale
L’aspetto commerciale è il più imprevedibile. La privatizzazione delle missioni spaziali, come dimostra Starlink o l’atterraggio di aziende private sulla Luna, apre domande legali e politiche senza precedenti. “Il trattato del 1967 vieta ai paesi di rivendicare territori extraterrestri, ma per le aziende? Non esiste ancora un quadro normativo chiaro.”
Una lezione da portare sulla Terra
C’è un messaggio che Kathy Sullivan ripete spesso, un principio che guida tutta la sua carriera. “Siamo membri dell’equipaggio su questa navicella chiamata Terra. Non possiamo limitarci a consumare le sue risorse. È nostro compito proteggerla e farla funzionare al meglio, per il bene di tutti.”
La sua visione unisce esplorazione e responsabilità, un insegnamento fondamentale mentre ci prepariamo ad affrontare il futuro, tra stelle, oceani e il nostro pianeta.