Nel cuore del cratere Gale, sul pianeta Marte, il rover Curiosity della NASA ha identificato le molecole organiche più complesse mai rinvenute sul suolo marziano, gettando nuova luce su un passato forse più simile a quello della Terra di quanto si fosse immaginato finora. La scoperta, pubblicata il 24 Marzo su Proceedings of the National Academy of Sciences, riguarda alcani a catena lunga trovati in un campione di mudstone prelevato dalla roccia chiamata Cumberland, situata nella regione nota come Yellowknife Bay.
Durante il Sol 279, ovvero il 19 Maggio 2013, Curiosity ha perforato il campione e lo ha analizzato con lo strumento Sample Analysis at Mars (SAM), un sofisticato laboratorio chimico installato a bordo del rover. Il campione è stato riscaldato a 1.000 gradi Celsius, provocando il rilascio di gas poi analizzati tramite gascromatografia e spettrometria di massa. Queste analisi hanno portato all’identificazione di decano, undecano e dodecano — molecole formate da 10, 11 e 12 atomi di carbonio, rispettivamente, unite a idrogeno.
La rilevanza di questa scoperta è notevole: si tratta delle più grandi molecole organiche mai osservate su Marte, superando di gran lunga quelle precedentemente individuate, che non superavano i sei atomi di carbonio. Questi composti, pur non rappresentando una prova diretta della presenza di vita, potrebbero derivare dalla degradazione di acidi grassi esistiti più di 3,7 miliardi di anni fa, un’epoca in cui il cratere Gale era occupato da un antico lago.
Secondo Daniel Glavin, del Goddard Space Flight Center, le condizioni all’interno del cratere avrebbero potuto favorire reazioni chimiche complesse, offrendo l’ambiente adatto allo sviluppo di forme primitive di vita. Anche Caroline Freissinet, astro-chimica del Laboratoire Atmosphères et Observations Spatiales a Guyancourt, ha sottolineato come questa scoperta dimostri che le firme chimiche di una potenziale vita passata su Marte siano ancora rilevabili oggi.
Nonostante la suggestiva correlazione con la nascita della vita sulla Terra, datata anch’essa intorno ai 3,7 miliardi di anni fa, resta il dubbio sull’origine di questi alcani marziani. Potrebbero essere biogenici, ma anche prodotti da processi geochimici non legati alla biologia. Tuttavia, gli alcani di origine abiotica tendono a essere più brevi, rendendo questi risultati ancora più intriganti.
Attualmente, il limite dello strumento SAM impedisce il rilevamento di molecole organiche più lunghe del dodecano. Per questo, secondo Glavin, il prossimo passo cruciale sarà il ritorno dei campioni sulla Terra, dove laboratori più avanzati potranno analizzarli con maggiore precisione. La missione di recupero, che dovrebbe prelevare i campioni già raccolti dal rover Perseverance, è però ancora in fase di pianificazione, ostacolata da sfide economiche e tecniche. La NASA, per affrontarle, ha recentemente avviato una collaborazione con aziende private per accelerare i tempi.
Curiosity, atterrato nel cratere Gale nel 2012, continua a offrire dati scientifici fondamentali per la comprensione del passato marziano. Le sue osservazioni nella Yellowknife Bay, anticamente coperta da acque stabili, confermano che quella zona sedimentaria ricca di argilla rappresenta uno dei siti più promettenti per esplorare le tracce di un’eventuale vita primitiva.