L’equivoco comune tra correlazione e causalità
Gli esseri umani, per quanto ingegnosi e creativi, spesso cadono vittima di bias cognitivi che distorcono la nostra capacità di interpretare correttamente i dati. Uno degli errori più comuni è confondere la correlazione con la causalità. Solo perché due fenomeni sembrano muoversi insieme non significa che uno causi l’altro.
Esempi esilaranti ma illuminanti abbondano online: il declino del numero di pirati correlato con l’aumento della temperatura globale, o il consumo di formaggio legato agli avvistamenti UFO nel Wyoming. Queste correlazioni, sebbene assurde, servono a mettere in guardia contro il trarre conclusioni affrettate da semplici coincidenze numeriche.
Il metodo scientifico non si accontenta della correlazione
Allora, come fanno gli scienziati a capire se qualcosa causa davvero qualcos’altro? La risposta è che non si fidano solo della correlazione, ma seguono un processo sistematico di verifica sperimentale, analisi statistica e ragionamento logico.
Il cuore di questo approccio è il ragionamento induttivo: partire da osservazioni specifiche per arrivare a generalizzazioni. Questo processo però non si ferma all’osservazione: viene affinato attraverso esperimenti controllati, modelli predittivi e ripetibilità dei risultati.
Un esempio concreto: lo sbiancamento dei coralli
Per illustrare meglio come funziona questo processo, immaginiamo uno scienziato marino che osserva lo sbiancamento dei coralli in aree dove la temperatura dell’acqua è più alta. Da questa osservazione nasce una ipotesi: temperature elevate causano sbiancamento. Ma si tratta solo di una correlazione.
Per testare l’ipotesi, si allestisce un esperimento controllato: vasche con coralli a temperature diverse. Se quelli nelle vasche più calde sbiancano, la relazione appare più robusta. Ulteriori studi possono variare le specie di corallo, il tempo di esposizione al calore, e l’interazione con altri fattori come acidificazione e inquinamento. Tutto questo contribuisce a rinforzare (o indebolire) l’ipotesi iniziale.
Il ruolo dei fattori confondenti
Attribuire una causalità diretta richiede anche l’identificazione e l’eliminazione di fattori confondenti. Ad esempio, lo sbiancamento potrebbe essere causato anche da malattie, radiazioni solari eccessive o microplastiche. Gli scienziati devono quindi escludere o integrare queste variabili attraverso esperimenti multipli e analisi comparative.
Il quadro diventa più chiaro quando più studi indipendenti, condotti in contesti diversi, arrivano a risultati coerenti. Questo è il concetto di triangolazione delle prove, che consente di costruire un caso solido per la causalità.
Prevedibilità: il banco di prova della causalità
Una spiegazione causale deve essere anche predittiva. Se una teoria è valida, deve permettere di anticipare eventi futuri. Nel caso dei coralli, modelli climatici possono prevedere che un aumento di temperatura porterà a episodi più frequenti di sbiancamento. Se le previsioni si verificano, la fiducia nella spiegazione cresce.
La forza della scienza sta nella sua flessibilità
Uno degli aspetti più potenti della scienza è la sua capacità di correggersi. Se nuovi dati contraddicono le teorie esistenti, queste ultime vengono messe alla prova. Se non sono replicate, potrebbero esserci errori metodologici; se lo sono, la teoria dominante deve essere aggiornata. Questo continuo affinamento è una virtù, non una debolezza, perché mostra che la scienza è aperta alla revisione e alla crescita.
Perché è importante capire il processo scientifico
Viviamo in un’epoca in cui le teorie pseudoscientifiche e le fake news si diffondono facilmente, spesso manipolando il concetto di “incertezza scientifica” per minare la fiducia nel metodo scientifico. Comprendere la differenza tra correlazione e causalità, e come la scienza costruisce la conoscenza attraverso prove multiple, è fondamentale per prendere decisioni informate, che si tratti di politica climatica, medicina o tecnologia.