L’essere umano è un animale sociale, da sempre alla ricerca di strumenti per comunicare. Dalle lettere scritte a mano, siamo passati al telegrafo, poi al telefono, al fax e infine al cellulare, che si è evoluto nello smartphone, rendendo obsoleti tutti i mezzi precedenti. Per quanto avanzato, questo dispositivo non è indipendente: ha bisogno di connettersi a un ripetitore che trasmette il segnale alla rete terrestre.
Non sempre, però, la connessione è ideale. Quando ci troviamo in zone remote, come montagne o mare aperto, l’assenza di segnale può dare un senso di isolamento. Fino a pochi anni fa, era una situazione accettata come normale: in viaggio o in una casa di campagna, era frequente trovarsi senza copertura o dover affrontare costi proibitivi per comunicare. Oggi, invece, restare senza rete è una condizione insolita, che può generare persino un senso di inquietudine. Se dovesse accadere qualcosa, come potremmo chiedere aiuto?
La tecnologia contro l’isolamento
L’industria tecnologica ha sviluppato nuove soluzioni per garantire la connessione ovunque. Per chi vuole restare online anche in luoghi remoti, Starlink propone un terminale portatile, grande quanto uno zaino, che permette di accedere a Internet grazie ai suoi oltre seimila satelliti in orbita bassa.
Chi preferisce viaggiare senza dispositivi aggiuntivi, da quest’anno potrà usufruire del servizio Direct To Cell, che consente di connettersi direttamente ai satelliti Starlink dal proprio cellulare, inviando brevi messaggi. Questo sistema è pensato per situazioni di emergenza, ma presto sarà disponibile anche la connessione a banda larga satellitare.
Pochi giorni fa è stato effettuato con successo un test innovativo, nato dalla collaborazione tra Ast SpaceMobile e Vodafone. Il servizio sfrutta un normale smartphone 4G o 5G, che si collega a un satellite Bluebird in orbita, il quale poi trasmette il segnale a una stazione terrestre Vodafone, permettendo così di effettuare chiamate anche in zone completamente prive di copertura. Grazie a questo sistema, è stata realizzata la prima videochiamata da una località del Galles dove non era presente alcun segnale.
Il problema dell’inquinamento spaziale
Se l’idea di connettere chiunque, ovunque può sembrare entusiasmante, è proprio il suo successo a destare preoccupazioni. I satelliti Bluebird, per esempio, sono dotati di antenne ad allineamento di fase distribuite su una superficie di circa 60 metri quadri. Questo significa che ogni satellite, paragonabile per dimensioni a un monolocale, riflette la luce solare, risultando più luminoso delle stelle visibili a occhio nudo.
Attualmente in orbita ci sono solo cinque satelliti Bluebird, ma per garantire un servizio continuo ne serviranno almeno 50-60, con modelli ancora più grandi e potenti in fase di sviluppo. Questo rappresenta un serio problema per le osservazioni astronomiche, sia ottiche sia radio. Se di notte i satelliti disturbano l’osservazione del cielo riflettendo la luce solare, le loro comunicazioni radio interferiscono con i segnali provenienti dal cosmo, ben più deboli.
Gli astronomi e gli esperti di ecologia spaziale temono che l’aumento esponenziale di satelliti in orbita bassa comprometta la possibilità di studiare lo spazio in modo efficace. Il fenomeno si inserisce nel contesto più ampio della space economy, un settore in rapida espansione che offre servizi fondamentali per la nostra vita quotidiana, ma che solleva interrogativi sugli effetti collaterali dell’innovazione.
Serve una governance dello spazio
L’attuale assenza di regole internazionali per gestire la proliferazione dei satelliti e l’uso dello spazio rappresenta una questione sempre più urgente. A dominare il settore sono pochissime aziende private, che di fatto monopolizzano l’orbita terrestre senza un sistema di controllo globale.
Questo problema si estenderà presto anche alla Luna, dove diverse missioni stanno preparando il terreno per lo sfruttamento commerciale delle risorse lunari. Il punto critico è che si tratta di beni comuni, che non appartengono a nessuno, ma che rischiano di diventare proprietà esclusiva di pochi soggetti.
Senza una politica spaziale adeguata e un sistema di governance internazionale, il progresso tecnologico rischia di generare conseguenze incontrollabili, trasformando lo spazio in un’arena di conflitti economici e ambientali.