L’arte e la letteratura hanno da sempre rappresentato la nascita della vita come un momento colmo di energia e drammaticità, spesso coinvolgendo la forza dell’elettricità. Nel celebre romanzo di Mary Shelley, il dottor Frankenstein ridà vita alla sua creatura grazie a una scarica elettrica, mentre nel celebre affresco di Michelangelo, sul soffitto della Cappella Sistina a Roma, il Dio creatore sembra trasmettere una scintilla invisibile ma potente al dito di Adamo, infondendogli l’esistenza. Oggi, anche la scienza moderna sostiene un’ipotesi che lega l’elettricità alla comparsa della vita sulla Terra, sebbene in una forma meno spettacolare rispetto ai racconti artistici.
Piccoli fulmini e reazioni chimiche: la nuova ipotesi sull’origine della vita
Secondo una teoria scientifica, fulmini che colpivano i mari primordiali avrebbero scatenato una reazione chimica capace di trasformare composti inorganici in molecole organiche, essenziali per la nascita della vita. Questa ipotesi, conosciuta come esperimento di Miller-Urey, risale al 1952 e dimostrava come una miscela di acqua, metano, ammoniaca e idrogeno, sottoposta a scariche elettriche, potesse generare amminoacidi e altri precursori biologici.
Tuttavia, una recente ricerca pubblicata su Science Advances propone uno scenario ancora più affascinante: sarebbero bastate micro-scariche elettriche, generate dall’interazione di piccolissime gocce d’acqua, a innescare i processi chimici alla base della vita sulla Terra.
I microfulmini: scintille invisibili che creano molecole organiche
Un team di studiosi della Stanford University, guidato dal professor Richard Zare, ha osservato un fenomeno sorprendente. Spruzzando microgocce d’acqua all’interno di una miscela gassosa che simulava l’atmosfera primordiale terrestre, i ricercatori hanno scoperto che questo semplice gesto era sufficiente a generare delle cariche elettriche.
Queste piccole differenze di potenziale elettrico, chiamate dagli scienziati “microfulmini“, hanno dato origine a scintille in grado di trasformare composti inorganici in molecole organiche, tra cui l’uracile. L’uracile è una base azotata fondamentale per l’RNA, la molecola che molti scienziati considerano cruciale nei primi stadi dell’evoluzione chimica della vita.
“Le micro-scariche che si generano tra goccioline d’acqua caricate elettricamente sono in grado di produrre tutte le molecole organiche ottenute nell’esperimento di Miller-Urey, suggerendo un nuovo meccanismo per la sintesi prebiotica dei mattoni fondamentali della vita,” ha dichiarato Zare in una nota diffusa dalla Stanford University.
Le condizioni chimiche della Terra primordiale: un ambiente favorevole alla vita
Nel corso dei primi miliardi di anni, la Terra era ricca di composti chimici come azoto, metano, anidride carbonica e ammoniaca, ma gli scienziati ipotizzano che i composti organici, essenziali per la vita, fossero estremamente rari. L’esperimento di Miller-Urey mostrò che le scariche elettriche potevano convertire questi gas in molecole organiche, ma alcuni critici sostenevano che i fulmini atmosferici fossero troppo sporadici e che i prodotti chimici si disperdessero troppo rapidamente nell’oceano primordiale.
Il nuovo studio, invece, indica che le micro-scariche elettriche prodotte dai minuscoli schizzi d’acqua potrebbero essere state un fenomeno molto più comune e continuo sulla superficie terrestre, aumentando notevolmente la probabilità che queste reazioni chimiche fondamentali si verificassero.
La scoperta dei microfulmini: un processo semplice ma incredibilmente potente
Il team di Zare ha osservato che durante la frammentazione delle gocce d’acqua, ad esempio quando si infrangono su una superficie solida o si spruzzano nell’aria, queste si separano in particelle cariche: le gocce più grandi tendono ad assumere una carica positiva, mentre quelle più piccole diventano negative. Quando due di queste gocce cariche si avvicinano, possono produrre scariche elettriche paragonabili, su scala microscopica, ai fulmini che si formano nelle nubi temporalesche.
Grazie a telecamere ad alta velocità, i ricercatori hanno documentato queste scintille invisibili, scoprendo che, pur essendo minuscole, contengono un’energia sufficiente a scatenare reazioni chimiche in grado di creare molecole organiche complesse.
Spruzzi d’acqua e gas primordiali: l’esperimento che riaccende il dibattito sull’origine della vita
Nell’esperimento più recente, i ricercatori hanno lanciato spruzzi d’acqua a temperatura ambiente in una miscela gassosa composta da azoto, metano, anidride carbonica e ammoniaca. Questa combinazione ha prodotto molecole organiche caratterizzate dai fondamentali legami carbonio-azoto, ritenuti essenziali per la formazione di DNA e RNA.
Secondo Zare, questo meccanismo sarebbe stato frequente sulla Terra primordiale, dove l’azione continua delle onde, dei geyser e delle maree generava innumerevoli spruzzi d’acqua contro le rocce vulcaniche, facilitando la produzione di queste reazioni chimiche. “Sulla Terra primordiale c’erano spruzzi d’acqua ovunque, pronti ad accumulare cariche e scatenare reazioni in grado di generare i primi mattoni della vita,” ha spiegato il professore di chimica della Stanford University. Secondo lui, questa teoria supera molte delle obiezioni rivolte all’ipotesi di Miller-Urey, aprendo una nuova prospettiva sull’origine della vita sul nostro pianeta.