Tra le acque più remote e inaccessibili del mondo, a oltre 1.100 chilometri a est della punta settentrionale di Mauritius, si estende la Saya de Malha Bank, un vasto altopiano sottomarino che ospita quello che gli scienziati definiscono il più grande prato di fanerogame marine del pianeta. Nonostante la sua importanza ecologica straordinaria, questa zona è quasi del tutto priva di protezione legale e viene saccheggiata ogni giorno da navi da pesca industriali provenienti da Sri Lanka, Taiwan e Thailandia, spesso fuori da qualsiasi controllo regolamentare.
Un paradiso scientificamente dimenticato
La Saya de Malha Bank è uno di quei luoghi del pianeta dove la scienza è arrivata in ritardo. Per secoli, la sua profondità variabile e il carattere imprevedibile hanno scoraggiato sia i navigatori che gli esploratori. Sulle vecchie carte nautiche era segnata con la dicitura “Qui ci sono mostri”, a indicare l’ignoto. Oggi, però, ciò che un tempo era leggenda si è trasformato in una tragica realtà. La banca ospita una ricchissima biodiversità marina, ma è anche diventata il palcoscenico di una devastazione ambientale silenziosa.
La centrale del carbonio che stiamo ignorando
Le fanerogame marine della Saya de Malha sono fondamentali per la salute dell’oceano e del clima globale. Queste piante, simili alle praterie terrestri, assorbono anidride carbonica con un’efficienza 35 volte superiore alle foreste pluviali tropicali. Non solo sequestrano carbonio, ma filtrano microplastiche, purificano l’acqua e proteggono le coste dall’erosione. Eppure, solo il 26% di questi ecosistemi si trova attualmente in aree marine protette, una percentuale inferiore rispetto alle barriere coralline e alle mangrovie.
Squali assenti e pinne come valuta
Durante una spedizione del 2022 promossa da Monaco Explorations, nessuno squalo è stato avvistato nel corso di tre settimane di ricerche. Gli scienziati indicano come principale causa la pesca industriale non regolamentata. Gli squali, che svolgono un ruolo essenziale nel mantenere l’equilibrio delle fanerogame marine, vengono catturati intenzionalmente, mutilati delle pinne e gettati in mare, spesso ancora vivi. Questo è reso possibile grazie a pratiche come l’uso dei palangari con cavi d’acciaio, progettati appositamente per non spezzarsi quando gli squali cercano di liberarsi.
Nel porto di Beruwala, nello Sri Lanka, video pubblicati nel 2024 hanno mostrato carcasse di squali mutilate, scaricate in massa da pescherecci provenienti proprio dalla Saya de Malha. Le immagini, diffuse su YouTube, mostrano sangue che scorre sul cemento, squali tagliati a colpi di machete e pinne impilate come merci di lusso. Secondo la Commissione per il Tonno dell’Oceano Indiano, oltre la metà delle navi srilankesi che operano nella banca usano reti da posta, una tecnica particolarmente pericolosa per le popolazioni di squali.
Crimini ambientali e lavoro forzato
Non si tratta solo di pesca non regolamentata. I dati raccolti da Greenpeace e altre ONG raccontano storie di sfruttamento estremo, morti sospette e violazioni dei diritti umani. Su molte navi, i pescatori vivono in condizioni disumane, trascorrendo mesi in mare con poco cibo, acqua contaminata e senza accesso a cure mediche. Il caso del pescatore cambogiano Ae Khunsena, morto nel 2023 dopo essere caduto (o essere stato gettato) in mare, ha sollevato dubbi inquietanti su cosa accada davvero in alto mare, lontano da ogni giurisdizione.
Nel 2016, sei membri di equipaggio cambogiani morirono a bordo di pescherecci thailandesi a causa di beriberi, una malattia dovuta alla carenza di vitamina B1, tipica delle carceri o dei campi di lavoro forzato. Gli esperti l’hanno definita “omicidio a rallentatore”. Molti di questi lavoratori sono vittime di tratta, costretti a condizioni brutali e senza possibilità di fuga.
Le micronazioni galleggianti e i sogni infranti
Ma la Saya de Malha non attira solo pescatori. Negli ultimi anni è diventata anche meta di progetti libertari, imprenditori alla ricerca di una patria senza legge dove creare micronazioni sovrane. Il caso più noto è quello di Samuele Landi, ex dirigente d’azienda italiano condannato per frode e fuggito a Dubai. Landi sognava di costruire una città galleggiante chiamata Aisland, composta da venti chiatte che ospitassero migliaia di residenti. Il progetto è naufragato, letteralmente, nel Febbraio 2024, quando un’onda anomala ha spezzato in due la chiatta su cui viveva, uccidendolo insieme a due membri dell’equipaggio.
L’industria mineraria all’orizzonte
Oltre alla pesca, un’altra minaccia si profila: l’estrazione mineraria sottomarina. Le acque profonde attorno alla Saya de Malha, che raggiungono oltre 3.000 metri di profondità, sono ricche di noduli polimetallici contenenti nichel, cobalto e titanio. L’India, la Corea del Sud e la Germania hanno già firmato contratti di esplorazione con l’Autorità Internazionale dei Fondali Marini. Tuttavia, gli esperti avvertono: le operazioni minerarie potrebbero sollevare sedimenti che bloccano la luce solare e devastano intere reti alimentari oceaniche.
Secondo studi recenti, i danni da estrazione sono visibili anche 50 anni dopo le operazioni di test. Le nuvole di sedimenti viaggiano per centinaia di chilometri, colpendo non solo le fanerogame marine, ma anche tonni, balene e delfini. Le grandi aziende tecnologiche hanno già preso le distanze da queste pratiche, dichiarando di non voler utilizzare metalli provenienti dal fondale marino.
Dove sono le regole?
La Saya de Malha Bank si trova in acque internazionali, fuori dalla giurisdizione diretta di qualsiasi Stato. In teoria, dovrebbe essere protetta da accordi multilaterali come l’Accordo sulle Pesche dell’Oceano Indiano Meridionale. Ma lo Sri Lanka, che rappresenta la flotta più numerosa nella banca, non è firmatario dell’accordo. Le regole sono blande, i controlli inesistenti e le sanzioni rarissime.
Nel 2024, solo due pescherecci thailandesi risultano ancora attivi nella zona. Tuttavia, oltre 230 imbarcazioni, per la maggior parte dallo Sri Lanka e Taiwan, hanno continuato a operare nel tratto marino tra il 2021 e il 2024, spesso senza trasmettere la loro posizione. Alcune sono “navi oscure”, che non lasciano tracce digitali, aggirando così qualsiasi forma di sorveglianza.
La più grande prateria marina del mondo è in pericolo
A marzo 2021, l’attivista climatica Shaama Sandooyea, biologa marina di Mauritius, ha condotto la prima protesta subacquea nella Saya de Malha, immergendosi con un cartello che recitava: “Sciopero dei giovani per il clima”. Il suo gesto solitario ha portato l’attenzione globale su un’area che, sebbene di valore ecologico inestimabile, è completamente abbandonata alla mercé dell’avidità umana.
Nel frattempo, i governi di Mauritius e Seychelles, pur dichiarando approcci “precauzionali”, continuano a spingere per esplorazioni petrolifere e minerarie nelle acque condivise attorno alla banca. Il rischio è che, in nome dello sviluppo economico, si perda per sempre uno degli ecosistemi più vitali del nostro pianeta.