La questione carne coltivata torna al centro del dibattito in Italia, ma questa volta a parlare sono 16 ricercatori e esperti scientifici che pongono l’accento su un aspetto decisivo: la carne coltivata non può e non deve essere assimilata a un farmaco. A sostenerlo è un gruppo di studiosi, guidati da Alessandro Bertero, docente presso l’Università di Torino, che hanno diffuso un documento in risposta alla manifestazione organizzata a Parma da Coldiretti.
Secondo quanto dichiarato, equiparare la carne coltivata ai farmaci rappresenterebbe un errore concettuale, privo di basi scientifiche. “Alla luce delle evidenze disponibili e dei numerosi studi già condotti, possiamo affermare che il quadro regolatorio attualmente in vigore non presenta alcuna criticità. L’ipotesi di imporre studi clinici e preclinici, richiesti per i medicinali, non ha alcun fondamento scientifico”, si legge nel documento.
Farmaci e alimenti seguono percorsi normativi distinti
I firmatari della dichiarazione hanno voluto sottolineare come il processo di approvazione per gli alimenti e per i farmaci risponda a esigenze completamente diverse. Nonostante l’apparenza, precisano, la normativa sugli alimenti si rivela persino più stringente rispetto a quella che regola i prodotti farmaceutici. “Un farmaco, infatti, può ottenere l’autorizzazione anche in presenza di effetti collaterali noti e documentati, mentre l’Efsa – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – può concedere l’approvazione solo se l’alimento è privo di qualsiasi rischio per la salute umana”.
La posizione dei ricercatori italiani sulla carne coltivata
Secondo gli scienziati, la mobilitazione di Coldiretti a Parma sarebbe un tentativo di mettere in discussione l’autorevolezza della comunità scientifica indipendente e del quadro normativo europeo sui novel food, considerato uno dei più severi a livello globale. La dichiarazione firmata da Bertero e dagli altri esperti difende l’operato delle istituzioni competenti, impegnate nella valutazione della carne coltivata in conformità alle attuali regole europee.
“Come ricercatrici e ricercatori che operano nello studio della carne coltivata sia in Italia che nel resto dell’Europa, chiediamo che venga riconosciuta e difesa la serietà del lavoro portato avanti dalla comunità scientifica. Intendiamo partecipare attivamente al dibattito nel nostro Paese”, dichiarano i firmatari.
Da qui la richiesta formale ai ministri Francesco Lollobrigida e Orazio Schillaci di essere coinvolti in un confronto istituzionale che tenga conto dei dati scientifici e delle valutazioni indipendenti sul tema.