Gli astronomi hanno immortalato per la prima volta un filamento della rete cosmica, una struttura invisibile che collega l’universo su scale gigantesche. Questo sottile ponte di gas diffuso unisce due galassie in formazione, risalenti a un’epoca in cui l’universo aveva appena 2 miliardi di anni, e si estende per una lunghezza impressionante di 3 milioni di anni luce, circa 30 volte il diametro della Via Lattea.
La rete cosmica: l’ossatura dell’universo
Questa immensa rete di gas e materia oscura costituisce l’impalcatura dell’universo visibile, lungo cui il gas scorre alimentando la nascita e la crescita delle galassie. Il fenomeno osservato è fondamentale per comprendere l’evoluzione cosmica, poiché le galassie intrappolate in questa struttura ospitano buchi neri supermassicci attivi, che si nutrono del materiale trasportato attraverso il filamento.
L’osservazione ha permesso di catturare la debole luce emessa da questa struttura, che ha viaggiato per quasi 12 miliardi di anni prima di raggiungere la Terra. Davide Tornotti, ricercatore presso l’Università di Milano-Bicocca, ha spiegato: “Per la prima volta, siamo riusciti a delimitare con precisione il confine tra il gas contenuto nelle galassie e quello che scorre lungo la rete cosmica.”
Come si studia una rete cosmica invisibile?
Analizzare la rete cosmica è un’impresa estremamente complessa, perché questa struttura è composta principalmente da materia oscura, un elemento misterioso che non interagisce con la luce e, quindi, non può essere osservato direttamente.
Tuttavia, il gas che fluisce attraverso questi filamenti cosmici può essere individuato grazie alla sua interazione con la luce. In particolare, anche se l’idrogeno—l’elemento più abbondante nell’universo—emette solo un debole bagliore, gli strumenti astronomici più avanzati possono captarlo.
Per superare queste difficoltà, il team ha utilizzato MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer), un avanzato strumento montato sul Very Large Telescope (VLT) dell’Osservatorio Europeo Meridionale in Cile. Questa indagine ha richiesto centinaia di ore di osservazione, rendendola una delle campagne più ambiziose mai condotte con MUSE in una singola regione del cielo.
Oltre alle osservazioni dirette, gli scienziati hanno confrontato i dati raccolti con le simulazioni cosmologiche eseguite presso il Max Planck Institute for Astrophysics (MPA). Questi modelli teorici, basati sul paradigma della Lambda Cold Dark Matter (LCDM), hanno permesso di prevedere le emissioni del gas filamentoso.
Il futuro dello studio della rete cosmica
I risultati della ricerca confermano una forte corrispondenza tra la teoria e le osservazioni, rafforzando la validità del modello cosmologico attuale. Tuttavia, il prossimo passo è chiaro: identificare altre strutture simili.
“Siamo entusiasti di questa immagine ad alta definizione di un filamento cosmico, ma come si dice in Baviera: ‘Eine ist keine’ – uno non conta,” ha affermato Fabrizio Arrigoni Battaia, scienziato del Max Planck Institute for Astrophysics (MPA). Il team sta ora raccogliendo ulteriori dati per tracciare altre connessioni cosmiche, con l’obiettivo di ottenere una visione completa della distribuzione e del movimento del gas nell’universo primordiale.