Gli squali balena (Rhincodon typus), i pesci più grandi del pianeta, stanno modificando le loro rotte migratorie a causa della presenza delle piattaforme petrolifere e del gas. Queste strutture artificiali, distribuite negli oceani, attirano una grande quantità di plancton, il principale alimento di questi colossi marini, trasformandosi così in veri e propri punti di ristoro lungo il loro viaggio. Tuttavia, secondo un recente studio, questo comportamento potrebbe esporre gli squali a gravi pericoli, come collisioni con navi e inquinamento chimico.
Perché gli squali balena si fermano alle piattaforme offshore?
Le piattaforme petrolifere e del gas agiscono come barriere artificiali, modificando la circolazione delle correnti e creando zone di aggregazione per il plancton. Questa abbondanza di cibo attira molte specie marine, inclusi gli squali balena, che possono ingerire fino a 20 chilogrammi di plancton al giorno.
Uno studio condotto da ricercatori dell’Australian Institute of Marine Science (AIMS) e dell’Università dell’Australia Occidentale ha monitorato, tramite tracciamento satellitare, gli spostamenti degli squali balena al largo delle coste dell’Australia Occidentale. I dati, pubblicati il 18 gennaio sulla rivista Diversity and Distributions, mostrano chiaramente come questi enormi pesci modifichino le loro rotte per raggiungere le piattaforme, trattenendosi nei loro dintorni prima di riprendere il viaggio.
Secondo D’Antonio, uno degli autori dello studio, il comportamento degli squali balena può essere paragonato a quello degli automobilisti in viaggio: “Le piattaforme offshore funzionano come una stazione di servizio lungo la loro rotta migratoria. Gli squali si fermano per un pasto veloce prima di ripartire verso la destinazione successiva.”
Un’abitudine rischiosa per i giganti del mare
Sebbene la presenza delle piattaforme possa sembrare un’opportunità per gli squali balena, in realtà questa attrazione rappresenta anche un pericolo significativo. Questi giganti del mare sono classificati come specie in pericolo dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), e la loro tendenza a radunarsi vicino alle strutture artificiali li espone a rischi maggiori.
Uno dei problemi principali è la possibilità di collisioni con le navi. Le piattaforme offshore sono spesso situate in aree con un traffico marittimo intenso, aumentando il rischio di incidenti mortali per gli squali balena. Poiché i loro corpi affondano rapidamente dopo la morte, è difficile stimare il numero esatto di esemplari che perdono la vita a causa di impatti con imbarcazioni.
Un altro pericolo è rappresentato dall’inquinamento chimico. Le piattaforme petrolifere rilasciano nell’ambiente marino sostanze inquinanti, tra cui idrocarburi e metalli pesanti, che possono avere effetti devastanti sulla salute degli squali e dell’intero ecosistema oceanico. Inoltre, le luci artificiali delle piattaforme attirano ulteriormente il plancton, potenziando questa dinamica e aumentando la probabilità che gli squali restino per più tempo in aree ad alto rischio.
L’impatto delle strutture artificiali sugli oceani
Gli autori dello studio sperano che questi risultati contribuiscano a migliorare la gestione delle aree marine protette e a valutare con maggiore attenzione l’impatto delle strutture offshore sugli ecosistemi. Con la crescente espansione dell’energia rinnovabile, che prevede l’installazione di turbine eoliche offshore, il numero di piattaforme nei mari è destinato ad aumentare.
“La costruzione di nuove strutture marine deve tenere conto di questi fattori”, sottolinea D’Antonio. “Man mano che gli oceani si riempiono di impianti per l’energia rinnovabile, sarà fondamentale comprendere come queste infrastrutture influenzano la fauna marina e adottare misure di mitigazione.”
Questi risultati evidenziano la necessità di bilanciare lo sviluppo industriale con la tutela degli ecosistemi marini, garantendo che i giganti dell’oceano possano continuare le loro migrazioni millenarie senza ulteriori minacce causate dalle attività umane.