È stata individuata una connessione diretta tra le mutazioni genetiche e i disturbi del movimento, in particolare la distonia, una patologia che colpisce migliaia di persone in Italia. Questo importante risultato emerge da una ricerca pubblicata su Annals of Neurology e coordinata dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, con la collaborazione dell’Università di Ferrara e dell’Università di Padova.
L’indagine ha portato a una scoperta chiave: la distonia non è un’unica malattia, ma può presentarsi in due forme differenti a seconda dei geni coinvolti, suggerendo che le terapie dovrebbero essere più mirate e personalizzate. La distonia è un disturbo neurologico caratterizzato da contrazioni muscolari involontarie, che provocano movimenti e posture anomale, spesso accompagnati da dolore.
L’analisi dei dati neurali e la scoperta delle due categorie di pazienti
“Abbiamo analizzato i dati neurali di 31 pazienti affetti da distonia – spiega Ahmet Kaymak dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna, primo autore dello studio – e abbiamo osservato che mutazioni genetiche diverse possono determinare effetti molto simili sulla funzionalità neuronale”. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che solo alcuni pazienti, quelli con specifiche mutazioni, rispondono efficacemente alle attuali terapie di neurostimolazione.
La neurostimolazione funziona solo per alcune mutazioni
Uno degli aspetti più rilevanti dello studio riguarda il modo in cui la neurostimolazione può essere efficace solo per alcuni pazienti. “Abbiamo osservato che circa la metà dei geni analizzati porta a un’attività neuronale regolare, mentre l’altra metà genera un’attività molto irregolare” spiega Alberto Mazzoni della Scuola Sant’Anna, coordinatore della ricerca insieme a Luigi Romito dell’Istituto Carlo Besta.
I dati hanno rivelato che i pazienti per cui la neurostimolazione risulta efficace appartengono esclusivamente al gruppo con attività neuronale irregolare. “Questo – conclude Mazzoni – suggerisce che la regolarità dell’attività neuronale potrebbe essere una delle chiavi per determinare l’efficacia della terapia”.
Questa scoperta apre la strada a nuove strategie terapeutiche più personalizzate, con la possibilità di ottimizzare le cure in base al profilo genetico del paziente.