Colpire accidentalmente il ginocchio contro il bordo di un mobile o sbattere lo stinco contro un tavolino può trasformarsi in un’esperienza spiacevolmente dolorosa. La reazione immediata di molti è quella di strofinare con forza la parte colpita, quasi come se le mani potessero cancellare l’offesa subita. Questo gesto, così istintivo, nasconde in realtà un complesso meccanismo biologico che coinvolge la trasmissione dei segnali nervosi e il modo in cui il midollo spinale e il cervello elaborano il dolore.
Come il corpo umano gestisce il dolore: il contributo rivoluzionario di Melzack e Wall
Per comprendere il processo biologico che si cela dietro questo comportamento spontaneo, bisogna risalire al 1965, quando due studiosi, Ronald Melzack e Patrick D. Wall, pubblicarono una ricerca destinata a trasformare l’intero approccio scientifico alla gestione del dolore. Il loro studio introdusse la cosiddetta teoria del controllo del cancello, un’ipotesi che avrebbe successivamente influenzato in modo decisivo sia la pratica clinica che la ricerca neuroscientifica.
Secondo questa teoria, la percezione del dolore non dipende esclusivamente dall’intensità dello stimolo doloroso, ma anche dall’interazione tra diversi tipi di fibre nervose. Joel Katz e Brittany N. Rosenbloom, in occasione del 50º anniversario della pubblicazione originale, sottolinearono come l’opera di Melzack e Wall avesse rivoluzionato il modo di intendere il dolore, offrendo ai pazienti una nuova prospettiva di speranza nella gestione delle sofferenze croniche.
Perché strofinare la parte colpita attenua la sensazione dolorosa?
La teoria del controllo del cancello suggerisce che i segnali dolorosi viaggiano lungo fibre nervose lente, chiamate fibre C, le quali trasmettono l’informazione verso il midollo spinale e da lì al cervello. Tuttavia, quando uno stimolo non doloroso, come lo strofinamento o la pressione lieve, attiva altre fibre, note come fibre Aβ, più rapide e dotate di una guaina mielinica isolante, queste possono interferire con il passaggio del dolore.
La dottoressa Judith Scheman, esperta in terapia del dolore, ha spiegato come le fibre Aβ siano capaci di “chiudere il cancello” nel midollo spinale, inibendo il trasferimento dei segnali dolorosi dalle fibre C verso il cervello. Tale blocco si verifica nel corno dorsale del midollo, una zona nevralgica dove convergono diverse tipologie di fibre nervose e avviene la regolazione del flusso delle informazioni sensoriali.
In termini pratici, lo strofinamento della parte contusa stimola le fibre Aβ, che viaggiano a una velocità di circa 386 chilometri orari, contro i soli 3,2 chilometri orari delle fibre C. Questo netto vantaggio di velocità consente ai segnali tattili di sovrastare quelli dolorosi, impedendo che il messaggio del dolore raggiunga pienamente il sistema nervoso centrale.
Midollo spinale e neuroni: il punto d’incontro dei segnali sensoriali
Nel midollo spinale, in particolare nella zona del corno dorsale, le fibre Aβ e le fibre C interagiscono con dei particolari neuroni inibitori, capaci di modulare il passaggio dei segnali dolorosi verso il cervello. Quando le fibre Aβ trasmettono rapidamente l’informazione di un contatto non doloroso, questi neuroni inibitori entrano in funzione, bloccando l’avanzata delle informazioni trasmesse dalle fibre C.
Il risultato è quello che molte persone sperimentano quotidianamente: strofinare il ginocchio o il gomito dopo un urto non elimina il dolore, ma lo attenua sensibilmente, offrendo un sollievo immediato. Questo meccanismo rappresenta un adattamento evolutivo estremamente efficace, poiché permette al corpo di reagire rapidamente e di valutare la gravità dell’infortunio senza essere sopraffatti dalla sofferenza.
Oltre il cancello: le nuove frontiere della ricerca neuroscientifica
Nonostante la teoria del controllo del cancello abbia rappresentato per decenni il punto di riferimento per la neuroscienza del dolore, il progresso scientifico ha portato alla luce nuove complessità nel funzionamento del sistema nervoso. Clifford J. Woolf, docente presso la Harvard Medical School, ha sottolineato come la comprensione attuale della neurofisiologia del dolore sia molto più articolata rispetto a quella descritta da Melzack e Wall negli anni Sessanta.
Oggi sappiamo che esistono sottocategorie di fibre Aβ, Aδ e C, e che la struttura neuronale del corno dorsale è assai più variegata di quanto inizialmente ipotizzato. Inoltre, si è scoperto che la percezione del dolore è influenzata da fattori emotivi, stress e memoria del trauma, rendendo il quadro generale ancora più sfaccettato.
Lo stesso Woolf, che ha avuto modo di lavorare con Patrick Wall agli inizi della propria carriera, ha espresso la convinzione che il fondatore della teoria del controllo del cancello sarebbe stato entusiasta di aggiornare il modello originario alla luce delle scoperte contemporanee. Le nuove conoscenze consentiranno in futuro di sviluppare terapie personalizzate e più efficaci per il trattamento delle patologie dolorose croniche.
L’intelligenza innata del corpo umano
Pur essendo consapevoli dei limiti della teoria del controllo del cancello, resta affascinante osservare come un gesto semplice e automatico, come quello di sfregare una parte dolente, sia in realtà il frutto di millenni di evoluzione e di complessi processi biologici che si svolgono in frazioni di secondo all’interno del nostro sistema nervoso. Questo riflesso spontaneo dimostra quanto il corpo umano sia dotato di meccanismi sofisticati per fronteggiare il dolore e favorire il recupero.
Ogni volta che massaggiamo il polso dopo averlo sbattuto contro uno spigolo o premiamo con le dita il gomito urtato, stiamo attivando inconsapevolmente uno dei principi cardine della neurofisiologia moderna, dimostrando ancora una volta come il nostro organismo sia progettato per proteggersi e autoguarirsi con intelligenza sorprendente.